Fino al 6 Aprile Careof presenta Yes Sir, I can Boogie la prima personale a Milano di ZAPRUDERfilmmakersgroup a cura di Chiara Agnello e Silvia Bottiroli.
ZAPRUDERfilmmakersgroup nasce nel 2000 dall’incontro di David Zamagni, Nadia Ranocchi e Monaldo Moretti. I primi due si occupano dell’organizzazione generale, della scrittura e della regia, mentre Monaldo è il direttore della fotografia, collabora all’ideazione e alla realizzazione dei dispositivi di ripresa oltre ad essere l’interprete maschile in gran parte dei progetti.
Il gruppo prende il nome da Abraham Zapruder, il cineamatore che il 22 novembre 1963 filmò l’omicidio di John Fitzgerald Kennedy. E come chiarisce Nadia Ranocchi: «Zapruder ha cessato di essere un nome proprio di persona quel giorno a Dallas dove tutto ebbe inizio con la fine di JFK. Zapruder dunque può considerarsi un nome collettivo o piuttosto un’immagine mitica che lega indissolubilmente l’orecchio all’occhio. L’orecchio, quello del Presidente degli Stati Uniti che a sua volta evoca quello sacrificale di Van Gogh, il Suicidato della società. E l’occhio, che partecipa all’economia della scena da spettatore e tiratore scelto al contempo».
Sul confine tra arte, cinema e performance l’opera di Zapruder viene spesso considerata fuori formato. Tra i primi in Italia a presentare progetti filmici in 3D, operano con budget estremamente ridotti, dove il fare “artigianale” dettato da ovvie ragioni economiche, diventa forma di scambio tra passioni e competenze, dando vita a quello che il gruppo definisce “cinema da camera”. Una forma di cinema tattile e incarnato, declinato una in una sorta di teatro immateriale.
A Careof, Zapruder presenta un’opera video girata in Piazza Santarcangelo durante l’evento I topi lasciano la nave (Yes Sir, I Can Boogie), realizzato nell’ambito del Festival del Teatro di Piazza (2012). L’opera, influenzata dalla plasticità dell’avvenimento, è in bilico tra la ripresa di uno spettacolo dal vivo ed un reality. Ciò a cui assistiamo è una maratona di ballo, dove ogni coppia di ballerini si esibisce davanti al pubblico, seguendo una musica diffusa unicamente in cuffia. I passi e i crepitii del legno che delimita il palcoscenico, sono gli unici suoni che scandiscono il ritmo di una melodia taciuta allo spettatore. La divisione tra i due sonori è poi riproposta nell’allestimento in mostra, a riequilibrare una situazione di per sé volutamente disarmonica. L’audio “sottratto” si mischia agli applausi del pubblico che segue la scena con una certa disinvoltura, facendo da eco in tutta la mostra. L’allestimento delle opere segue un rapporto di volumi e prospettive rigorosamente calibrato. Alla proiezione video, risponde Il Mediatore (2011), un’istallazione con stereodevice sul tavolo, ispirato agli esperimenti sulla telepatia di Charles Honorton.
Recentemente presentati alla 66a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (sezione Orizzonti) troviamo Joule (2010) e Spell (2011). I film sperimentano le tecniche stereoscopiche 3D conferendo all’immagine una plasticità satura, al limite tra narrazione e messa in scena. Denominatore comune al progetto Spell è la dualità, il doppio, inteso come compartecipazione ad un’economia unitaria. Il punto di fuga prospettico, caratteristica alla base della visione stereoscopica della scena, simula una fisicità ostentata in un gioco di corpi e gesti inevasi.
La mostra si chiude sabato 6 aprile con Suite per tennis da tavolo e organo (alle ore 19 e 21), partitura musicale per tavolo preparato da ping-pong e Organo Farfisa, eseguita da due atleti della Federazione Italiana Tennis da Tavolo, Francesco ‘Fuzz’ Brasini e Mattia Dallara.