Per leggere la versione originale dell’intervista in lingua inglese andare nello SPIN OFF: Videoarte e Cinema Sperimentale
Evelin Stermitz (1972, Austria) è artista visiva. Il suo lavoro si avvale di diversi media: la fotografia, il video, internet e l’installazione. Dopo una laurea in filosofia con la tesi Imagoes of Dancing Women in Film (University Klagenfurt, Austria), Evelin studia Arte e Comunicazione Visiva all’Academy of Fine Arts and Design (University of Ljubljana, Slovenia).
I sui lavori indagano la figura della donna e il suo ruolo all’interno del contesto socio-culturale. Una parte importante delle sue ricerche è dedicata alla rappresentazione del corpo femminile, con un interesse particolare verso la performance.
Nel 2008, Evelin Stermitz fonda ArtFem.TV, un portale artistico di ricerca e diffusione strutturato come una ITV non-profit, interamente dedicato ai rapporti tra Arte e Femminismo. L’obiettivo del progetto è quello di promuovere la figura della Donna nelle arti, attraverso la presentazione di opere e progetti artistici, a creare un canale televisivo online. Al suo interno trovano spazio le differenti voci femminili e la loro creatività. La piattaforma video è in continuo sviluppo, ad oggi contiene più di 500 opere provenienti da circa 100 artiste internazionali.
Lucia Aspesi: Iniziamo la nostra intervista presentando il progetto ArtFem.TV e le ragioni che ti hanno spinto alla sua creazione.
Evelin Stermitz: ho fondato ArtFem.TV perché ero interessata ai rapporti tra Arte e Femminismo all’interno della Videoarte; ed avevo come l’impressione di essere l’unica ad occuparmi di questa tematica. Il mio intento era quello di vedere e capire il lavoro di altre artiste, così ho creato un portale allo scopo di aprire e connettere le diverse esperienze. ArtFem.TV supporta e incoraggia il lavoro delle donne nella loro produzione artistica senza farle sentire abbandonate a loro stesse.
L.A.: ArtFem.TV è un progetto imponente, in funzione ormai da circa 4 anni. Immagino che parte del tuo lavoro sia anche rivolto verso la comprensione dei contributi esterni, e della loro influenza sull’evoluzione della struttura del progetto nel corso degli anni. Ma prima di affrontare questo argomento, sono molto curiosa di capire come hai iniziato a selezionare i primi video.
E.St.: Quando ho iniziato a lavorare per ArtFem.TV, ho aperto un bando online su Faces Gender Art Technology chiedendo a chiunque fosse interessata di presentare i suoi lavori video all’interno del mio progetto. Ho avuto un’ottima risposta da parte di molte artiste, così ho aperto il bando anche ad altre associazioni e siti internazionali. In aggiunta ho continuato le mie ricerche sul rapporto tra Arte e Femminismo. Successivamente con lo sviluppo del progetto, alcune artiste mi hanno contattato direttamente per poter inserire i loro lavori all’interno di ArtFem.TV. Mi fa sempre molto piacere constatare che altre artiste apprezzino il mio progetto e decidano di parteciparvi.
L.A.: Inoltre, il sito ArtFem.TV è una risorsa anche per l’organizzazione di presentazioni, mostre o proiezioni esterne al sito.
E. St.: Si, ho curato mostre e proiezioni attingendo dai contributi di ArtFem.TV. Per esempio ho organizzato un programma di proiezioni a cadenza mensile al Cinema Udarnik, in Slovenia (2010 – 2012 Cinéma Féministe, in collaborazione con: DA e Zavod Udarnik). Ciò che mi interessa è ‘riportare’ i video dalla sfera virtuale alla dimensione pubblica del reale, muovendomi e confrontandomi in entrambi i contesti. Contemporaneamente, ArtFem.TV è una risorsa per diverse iniziative; il sito è visitato da curatori e ricercatori, che decidono di usarlo per scopi artistici o educativi. Il progetto offre la possibilità di vedere e consultare materiali video che altrimenti sarebbero molto difficili da trovare singolarmente nel web attraverso un unico indirizzo URL. Inoltre, ArtFem.TV è stato presentato in diverse conferenze e presentazioni. Il progetto ha ricevuto una menzione onoraria al IX Festival Internacional de la Imagen, VI Muestra Monografica de Media Art, organizzato Departamento di arte visiva dell’Universidad de Caldas nel 2010 ed è stato presentato come installazione online in Colombia al CCC Centro Cultural y de Convenciones Teatro los Fundadores, Manizales.
L.A.: Navigando sulle pagine di ArtFem.TV, salta all’occhio il taglio fortemente trasversale che hai usato durante la selezione dei lavori: ci sono opere di Martha Rosler, Pipilotti Rist e le Guerrilla Girls, per citare alcuni nomi.
E. St.: Si, ci sono molte artiste internazionali e differenti generazioni a confronto. Le artiste ‘pioniere’ della Videoarte degli anni 70, mi hanno offerto il loro supporto nello sviluppo del progetto, dandomi i permessi per mostrare i loro lavori. Ma anche artiste più contemporanee, come ad esempio Pipilotti Rist è stata molto disponibile ed incoraggiante. È un onore per me presentare i lavori di tutte queste artiste all’interno di ArtFem.TV.
L. A.: Per il festival di INVIDEO 2012 presenterai una conferenza dal titolo: Video Art and WoManWoMan, nella quale discuterai il ruolo della Videoarte all’interno del movimento artistico femminista dagli anni 60-70 fino ai giorni d’oggi. Il tuo lavoro si sviluppa all’interno della storia di un movimento che deve ancora essere investigato nella sua interezza, e che fatica a ottenere spazi di visibilità all’interno della ricerca artistica contemporanea. Vorrei che mi spiegassi come la tua ricerca attuale si coniuga con l’uso del database online.
E. St.: Il contesto storico a cui faccio riferimento all’interno delle mie ricerche è la seconda fase del femminismo. Durante gli anni 60 e 70 molte donne hanno usato il video per realizzare opere d’arte, proprio a causa della novità che il medium stesso offriva: quello di non avere una tradizione maschile alle spalle. Grazie a questa caratteristica molte donne si affacciarono all’uso del video adattandolo alle proprie esigenze. Oggi, nella terza fase del femminismo, è interessante analizzare i cambiamenti che si sono susseguiti nella storia della Videoarte, attraverso uno sguardo che tene conto del fenomeno globale assunto dal video in questi ultimi anni e i suoi sviluppi tecnologici. Con la rivoluzione digitale, internet è diventato una risorsa meravigliosa per il video e l’arte. Con la mia ricerca voglio enfatizzare la possibilità di fornire un accesso democratico allo studio del femminismo all’interno del fare artistico. Credo sia molto importante riflettere su questa situazione proprio perché capita ancora oggi che l’arte e i media continuino a sopprimere la figura femminile. Ci sono ancora molte cose da fare, mi piacerebbe estendere le mie ricerche in questo senso, ma non ho fondi per ampliare il progetto di ArtFem.TV. Vivo questa ‘indipendenza’ come una grossa possibilità proprio perché mi lascia libera di spaziare le mie ricerche artistiche. Poi io stessa sono un’artista, e ArtFem.TV assorbe molto tempo che altrimenti dedicherei alla mia produzione personale.
L.A.: Un aspetto molto interessante di ArtFem.TV è quello di essere autonomo per certi versi anche nel suo sviluppo, grazie ai contributi dei visitatori per esempio.
E. St.: Certo, ma c’è bisogno di maggiori strutture di collaborazione e più iniziative non-profit. È nei momenti di crisi, come come quello in cui siamo ora, che la ricerca sull’arte e le discipline sociali subisce grossi tagli nelle università. Nonostante tutto anche nel passato non ci sono mai stati dei grandi contributi verso la ricerca sulla donna. Dobbiamo anche considerare che le donne principalmente si uniscono e lavorano attraverso strutture non-profit, mentre ciò non avviene di frequente all’interno dalle sfera maschile. Dato che ArtFem.TV è un progetto artistico tengo necessariamente conto di questo aspetto.
L.A.: Occasioni come la tua presentazione a INVIDEO sono momenti preziosi che si collocano a pieno titolo all’interno del dibattito tra arte e femminismo attualmente in corso in Italia. Come accennavi in precedenza, ArtFem.TV è solo una parte del tuo lavoro, che vede la produzione di video e installazioni multi canale.
E.St.: Questa è una caratteristica storica della Videoarte: espandere la percezione tradizionale dell’immagine cinematografica e televisiva. Con la multi proiezione l’immagine si allarga e influisce sulle forme di partecipazione dell’audience nelle strutture installative.
Water Portrait II, Evelin Stermitz
L.A.: Quando poi guardi un video su internet l’esperienza muta nuovamente. Personalmente ho potuto fruire dei tuoi lavori solo attraverso la rete, e mentre guardavo Water Portrait I-IV (2010) per esempio, immaginavo a come poteva essere la sua visione una volta installato, all’interazione dei 4 video in un ipotetico spazio espositivo.
E. St.: Questa serie di video-ritratti è stata girata sul fiume Ljubljanica di Ljubljana (Slovenia) e raffigura dei volti di donna che si specchiano nell’acqua. I racconti sono dedicati all’acqua del fiume stesso e raccontano gli abusi privati di 4 donne. Originariamente avevo pensato di installare i video, tutti della stessa durata (2min 6sec), in un’unica sala di suoni e immagini galleggianti. Presentati a monitor o con proiezione a muro, i video azionati in maniera casuale, si alternerebbero a ritmi imprevedibili a formare un collage di suoni e immagini, intervallando momenti di silenzio a momenti di narrazione delle testimonianze.
L.A.: Come si è creato il rapporto con le donne protagoniste? Quel’è stato il processo di produzione dei ritratti?
E.St.: Il fatto che nessuno parli delle violenze contro le donne nelle nostra società è stato il motivo che mi ha portato alla realizzazione della serie di ritratti. Questo tipo di discorso non trova posto nello dibattito pubblico, e la maggior parte delle volte rimane all’interno della narrativa o nelle sedute di gruppo di associazioni non-profit. La realizzazione dei video-ritratti è stata molto lunga, perché non è facile trovare delle donne che siano disposte a parlare delle loro violenze. C’è voluto un anno per completare il lavoro. Inizialmente avevo contattato due associazioni di Ljubljana impegnate contro la violenza delle donne, ma nessuna di loro ha voluto partecipare perché provavano vergogna nel testimoniare i loro abusi. Solo dopo qualche tempo una donna ha deciso di collaborare al progetto. Non era la prima volta che raccontava la sua storia, aveva già fatto una pubblicazione e comprendeva il mio progetto artistico. Le altre donne che hanno partecipato alla realizzazione del lavoro invece erano all’interno del mio circolo artistico di amicizie.
Into the Mirror, Evelin Stermitz
L.A.: Un altro video che approfondisce le relazioni tra spazio e immagine, evocando nuovi luoghi è Into the Mirror (single channel video).
E. St.: Realizzato nel 2011, Into the Mirror è ispirato ad Alice nel paese delle meraviglie e all’incontro con un nuovo mondo attraverso una porta immaginaria. La porta nello specchio sembra essere contemporaneamente pericolosa, imbarazzante, misteriosa e miracolosa. Scorci di incontri, frutto dei riflessi dello specchio con la porta, guidano ad esplorazioni ‘performative’ dell’immagine video; come a realizzare il desiderio fantasioso di entrare in una porta immaginaria e addentrarsi nel mondo di Alice. Nello specifico ho ripreso l’entrata di una stanza, uno specchio enorme e l’anta della porta di un armadio. È buffo ma ho scelto questo posto perché quando sono sdraiata nel mio letto di casa, ho di fronte a me uno specchio sul quale è riflessa la maniglia d’ingresso della camera, e per una strana coincidenza ho notato lo stesso riflesso nello specchio di una mia amica, così ho deciso di fare un video su questa situazione.
Women in War, Evelin Stermitz
L.A.: Per concludere la nostra chiacchierata vorrei ritornare alla tua relazione con internet e la rete. Women in War (2010) è un video ‘found footage’ fatto interamente da estratti presi da YouTube. Poi parlarmi meglio dell’idea alla base di questo lavoro?
E. St.: Women in War nasce durante una ricerca della tag ‘donna’ su YouTube, il cui risultato è stato di soli video con immagini stereotipate di donne come ‘Le donne più belle’, ‘Donne Famose e Sexy’, e così via. Così ho deciso di ri-editare i video e sottolineare i materiali con suoni provenienti da reportage di donne in guerra o atti di violenza contro le donne. Il risultato finale è una strana commistione di immagini femminili ritratte dai media. Naturalmente, tutti gli artisti producono opere in risposta ai mezzi di comunicazione quotidiani e YouTube è forse oggi il più diffuso; ma la mia intenzione era di studiare questo canale per rivelare e sottolineare una sorta di resistenza sociologica verso gli stereotipi femminili.
Intervista di Lucia Aspesi – 8 Novembre 2012, IED Milano.