Non sempre risulta facile guardare da vicino, troppo da vicino. Ma Andrew Haigh (regista di 45 anni) lo fa e ci costringe a farlo. La macchina da presa sembra che sfiori i volti, i corpi, le vite dei due personaggi. Li accarezza, li accompagna, li segue, li invade. Impietosa, morbosa, si infila in interstizi scomodi di vita, li scopre, li denuda, li getta in pasto a critiche e indignazione, ne fa scandalo. E con dei semplici movimenti di macchina, lenti, misurati, soppesati, Weekend ci racconta una storia, una storia senza narratore, nascosta nei non detti, nei fuori campo, nei dettagli fatti di un suono o di un colore. Ci parla della solitudine di Russell proprio nell’unico momento in cui lo vediamo inserito in gruppo: perché lui, rispetto al gruppo, è al margine, confine fisico e non solo. Ci parla della voglia di lottare di Glen mostrandocelo dall’alto, da una finestra del quattordicesimo piano, puntino giallo nell’oceano grigio dei palazzi intorno a lui.
Avrebbe potuto giocare di più, Andrew Haigh, su pause e interstizi. Invece, dopo un ottimo inizio, il film diventa sempre più esplicito, ai limiti del didascalico. E gli espliciti, verso la fine, pesano tanto da ottundere gli impliciti, da soffocarli, da costringerli a tacere.
Ci si concentra sulla storia, sulle storie, sui particolari, sui personaggi, su Russell e Glen, sul loro incontro notturno in un locale gay, sul loro tanto unico quanto comune weekend di passione a casa di Russell, sul loro svelarsi poco a poco l’uno all’altro, sulla loro struggente separazione finale nel grigio di una stazione ferroviaria, come una coppia qualunque, in una grigia domenica qualunque. Ci si concentra sulla necessità di rimuovere pregiudizi e stereotipi, di scoprirli, affrontarli e distruggerli. E si perde di vista il film. Che c’è forse, lì dietro, nascosto, ma che fatica ad emergere, quasi fosse troppo stanco per reggere il difficile contrappunto iniziale. Perché quando un film sull’amore vuole farsi film sull’amore di due omosessuali, e vuole educarci a considerarlo un amore qualunque sottolineando le sue differenze, le sue difficoltà, allora diventa didattica e, per quanto buona o necessaria, ci coglie già un po’ annoiati da anni di retorica che vorremmo avesse già raggiunto il suo obiettivo.
Monica Cristini
Weekend
Regia, sceneggiatura e montaggio: Andrew Haigh. Fotografia: Urszula Pontikos. Interpreti: Tom Cullen, Chris New. Origine: GB, 2015. Durata: 97′.