Oltre cinquecento anni or sono, i grandi signori della guerra giapponesi istruivano dei guerrieri ombra perché impersonassero grandi condottieri nei momenti di crisi, il ruolo dei Kagemusha era quello di non scoraggiare gli eserciti e mantenere alta la tensione con i nemici. Secoli dopo fu Shakespeare a introdurre la figura del “fool”, un folle dalle cui parole però traspare una grande lucidità in grado di scardinare il potere costituito e mettere alla berlina le classi più agiate.
La somma di questi due ruoli viene assunta da Giovanni Ernani quando accetta di sostituire davanti all’opinione pubblica il fratello Enrico Oliveri, gemello omozigote e leader della sinistra all’opposizione in governo. Enrico, in preda a una crisi di coscienza dopo contestazioni e sondaggi che vedono i suoi consensi in calo, decide di far perdere le sue tracce a moglie e partito, per rifugiarsi a Parigi da Danielle, vecchia fiamma conosciuta molto tempo prima a Cannes. L’Italia non può permettersi una “latitanza dell’opposizione” così’ Andrea Bottini, fedele collaboratore di Enrico, deve trovare una soluzione a questa sparizione.
La soluzione è proprio nella somiglianza perfetta di Giovanni Ernani, che però soffre di una grave depressione bipolare. L’idea di sostituire il fratello nel teatrino della politica italiana gli offre un’occasione di riscatto, e tra citazioni delle poesie di Brecht e prese di coscienza degne del miglior fool shakesperiano, Giovanni ottiene grandi consensi dall’opinione pubblica. Incastrato in un ruolo che si pone tra il Kevin Kline di Dave presidente per un giorno e la lucida follia del Peter Sellers di Oltre il giardino, Giovanni Ernani si pone come una scheggia impazzita della politica italiana, quel rinnovamento un po’ matto che la sinistra italiana attende ma non ha il coraggio di effettuare.
Viva la libertà non a caso è stato distribuito a ridosso delle elezioni politiche, anticipando in modo garbato e leggero quel cambiamento che però è avvenuto (o meglio sta avvenendo) con la violenza di uno tsunami. Profezia che si auto-avvera o semplice sensibilità artistica che precorre la realtà, Viva la libertà racconta con la semplicità di un haiku una deriva personale (e politica) che descrive in modo preciso la dicotomia tra la politica d’avanspettacolo e quella che vuole essere costruita sul senso pratico dell’uomo comune. Roberto Ando’ riesce a costruire una commedia dal sapore politico che rimanda al cinema di Elio Petri e che lancia Toni Servillo come erede di Gianmaria Volonté.
Non manca una pennellata di politica cinematografica e rispetto per l’autore che difende l’arte come prodotto culturale: un brano di repertorio in cui Federico Fellini con grande lucidità invita artisti e pubblico a tenere gli occhi aperti anche quando c’è scritto che è proibito guardare. Una chiave di lettura per un film, o forse per una società che ha gran bisogno di cambiamento, ma che ancora non sa quale sia la strada da scegliere.
Carlo Prevosti
Habemus Sinistra?
Ricominciare dalla poesia? Magari dal cinema? Aveva un bel gridare Fellini, quando si scagliava contro la Tv di stato che permetteva lo scempio delle interruzioni pubblicitarie durante la messa in onda dei film: come se su un Caravaggio ci incollassimo l’immagine di una bibita gasata di colore rosso (e qui non si parla di neoavanguardie…). Che l’Italia possa perdere le proprie radici dimenticando di aver prodotto e di custodire secoli di cultura alta, è più che un pericolo, anche perché la politica dello sfascio delle coscienze ha sedotto con “la poesia” dell’usa e getta, costruendo poco alla volta un paese da ridurre a lotti su cui fare mercato.
Allora ci vuole un folle per rispondere alla follia, uno shlemiel, per dirla all’ebraica, che incapace in apparenza di comprendere ciò che gli accade intorno, trova le chiavi per arrivare al nocciolo della questione e risolvere l’enigma. Giovanni Ernani non è dunque solo il gemello del leader in crisi della sinistra disorientata, ma il doppelganger, spettrale doppio che nasconde la verità sepolta di un’identità perduta. Ecco allora che Viva la libertà esplora l’universo del possibile ma eternamente improbabile di un processo virtuoso fatto di parole morbide e vive al tempo stesso, che riescano come una successione di versi semplici ad arrivare al cuore del popolo. Non perché ci sia bisogno di un capopopolo ma perché la parola riacquisti un senso. Se il pazzo il senso lo trova nell’inusuale sguardo sul mondo, quando il mondo va alla rovescia può anche essere che lo riposizioni. Al tempo stesso, se Olivieri sceglie la fuga mimetizzandosi in un set cinematografico, come il Papa di Moretti, naufragato nel dubbio, trovava il teatro, allora la questione va affrontata sul lettino dello psicanalista. Chi si ricorda il politico di sinistra in terapia interpretato da Albanese nell’indimenticato programma televisivo Non c’è problema?
Alessandro Leone
Viva la libertà
Regia: Roberto Andò. Sceneggiatura: R. Andò e Angelo Pasquini. Fotografia: Maurizio Calvesi. Montaggio: Clelio Benevento. Interpreti: Toni Servillo, Valerio Mastandrea, Michela Cescon, Valeria Bruni Tedeschi. Origine: Italia, 2013. Durata: 94′.