Venezia 2013

Venezia70: Rosi, Wiseman e il film kazako che non ti aspetti

E’ il giorno di Gianfranco Rosi, in concorso con Sacro Gra, film documentario che osserva dal Grande Raccordo Anulare di Roma uno spaccato umano che sembra figlio di certa commedia e che invece è reale, catturato con un filtraggio minimo, rimpastato col sacro Gra_Veneziamontaggio e senza commenti superflui. Un’idea di cinema che interroga il reale, rappresentato come fosse finzione. Una forma che non è canonica e nemmeno totalmente immersiva, come nel caso di Wiseman, grande “vecchio” del cinema contemporaneo e anche lui presente (fuori concorso) a Venezia con l’ennesimo film fluviale. In At Berkeley questa volta l’occhio si ferma sul microcosmo dell’università americana di Berkeley, entrando come al solito con la forza di una mdp che sfida il tempo cinematografico, registrando un’infinità di ore, per poi restituire nel montaggio una forma che frammenta e compatta al tempo stesso uno spazio umano, un mondo nel mondo compreso senza interferire, ma con una straordinaria capacità di osservazione.

Poi la sorpresa arriva dalla Sezione Orizzonti, perché tutto potevamo aspettarci fuorché di stemperare i toni con un film kazako alla Mostra. E invece Bauyr del regista Serik Aprymov regala in apertura scene colorate di un umorismo stralunato che coinvolge il Serik Aprymovpubblico in sala. Yerkel, bambino di nove anni abbandonato dalla famiglia, vive in uno sperduto villaggio popolato da personaggi bizzarri tra cui spicca il preside che riceve gli studenti in riva ad un fiume giocando a biliardo.
La vita di Yerken cambia radicalmente quando ritorna al villaggio il fratello maggiore. La felicità del bambino è incontenibile e l’idillio pare funzionare, ma il fratello si rivela duro e distante ed il protagonista è destinato nuovamente ad esser abbandonato in un finale con fermo immagine distante dalla leggerezza con cui si era aperto il film. Chi aveva avuto il piacere di vedere a Locarno il precedente The hunter conosce la capacità dell’autore di raccontare l’infanzia, dando spazio al mondo interiore dei suoi giovani protagonisti spersi tra le colline di un Kazakistan a volte magico, a volte desolato, sicuramente distante dai grattacieli delle città cresciute con il boom economico di questa repubblica ex sovietica.

da Venezia, Massimo Lazzaroni

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