Dopo il Leone d’Oro vinto l’anno scorso con Pietà, Kim Ki-duk torna a Venezia con un film fuori concorso che ha impressionato la platea. Presentato al Festival nella sua interezza (in Italia sarà distribuito dalla Movies Inspired, noti per il coraggio e per aver portato nelle nostre sale Holy Motors), ha subito in patria l’ostilità delle autorità che hanno obbligato il regista ad un taglio di due minuti e mezzo per non essere catalogato come mero film da sale a luci rosse. Moebius è una pellicola tanto silenziosa, per l’assenza completa di dialoghi, quanto assordante per le sue scene di estrema violenza erotica. Spasmi, urla di dolore miste ad eccitazione, gemiti di disperzione infernale sono tutto ciò che è possibile percepire a livello sonoro di contro ad un serrato susseguirsi di immagini visivsmemte sconvolgenti. Il coreano Kim lavora su di un terrificante dramma familiare per svilupparlo con il suo tocco estremo e grottesco, una tragedia che provoca l’autodistruzione di ogni componente di quella maledetta famiglia sui generis. Evirazioni, atti di masochismo e rapporti sessuali promiscui, ma ciò che più ha suscitato scalpore è la presunta scena di incesto che, stando alle parole dello stesso regista oggi in conferenza stampa, non è affatto presente: “volevo solo partire dai concetti del sesso che esistono all’interno della società coreana sviluppandoli ed estremizzandoli”.
da Venezia, Jenny Rosmini