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Venezia 81, si accendono gli schermi

Si parte con il Beetlejuce di Tim Burton

Tocca allo spiritello Beetlejuce inaugurare l’81^ Mostra d’arte cinematografica di Venezia. Tim Burton porta l’atteso Beetlejuce Beetlejuce, seguito di Beetlejuce – Spiritello porcello del 1988, il suo secondo lungometraggio, che si aggiudicò l’Oscar per il trucco e lo fece conoscere al grande pubblico. Nel cast dell’originale figuravano Alec Baldwin, Geena Davis con Michael Keaton e una giovanissima Winona Ryder, che torna con Keaton, affiancati da Catherine O’Hara, Justin Theroux, Monica Bellucci, Jenna Ortega e Willem Dafoe. Il film sarà nelle sale già da giovedì 5, mentre per Burton sarà un ritorno a Venezia, dopo che nel 2007 fu il più giovane Leone d’oro alla carriera della mostra.
Durante la cerimonia Sigourney Weaver riceverà il Leone d’oro alla carriera 2024 per una filmografia che va da Alien a Gorilla nella nebbia, da Tempesta di ghiaccio a La morte e la fanciulla fino ad Avatar e Un anno con Salinger. L’ultima sua volta a Venezia fu due anni fa nel bel Il maestro giardiniere di Paul Schrader.
Ieri sera molto partecipata la consueta preapertura con un grande classico del cinema italiano, L’oro di Napoli (1954) di e con Vittorio De Sica e con Eduardo De Filippo, Sophia Loren, Silvana Mangano, Paolo Stoppa e Totò. Un film proposto in versione restaurata in occasione del mezzo secolo dalla morte del grande regista, oltre che nel settantesimo della realizzazione, che merita di essere riscoperto e valorizzato, oltre che visto sul grande schermo.

Maria di Pablo Larrain

Giovedì si entra nel vivo della competizione con El Jockey – Kill the Jockey di Luis Ortega e soprattutto con Maria di Pablo Larrain. Il regista cileno, un anno fa al Lido con El Conde e più volte in concorso con Post mortemJackie, ricostruisce gli ultimi giorni della grande Maria Callas (interpretata da Angelina Jolie) nella Parigi degli anni Sessanta. Nel cast figurano Valeria Golino, Kodi Smit-McPhee, Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher.
Un anno fa vinse Povere creature! del greco Yorgos Lanthimos e quest’anno il Leone sarà conteso da 21 lungometraggi, compresi The Room Next Door di Pedro Almodovar con Tilda Swinton, Julianne Moore e John Turturro, storia di madre e figlia separate da un malinteso, e Joker: Folie à deux di Todd Phillips con Joaquin Phoenix, che puntano a fare il bis dopo Joker.
Protagonisti della seconda giornata saranno anche la serie Disclaimer del messicano Alfonso Cuaron (Gravity e Roma) e il documentario Separated dello statunitense Errol Morris, sulle controversie legate all’amministrazione Trump.
Nel concorso figurano ben cinque titoli italiani, alla caccia di un Leone che l’Italia non vince dal 2013 con Sacro GRA di Gianfranco Rosi. Il precedente vincitore fu Gianni Amelio nel 1998 con Così ridevano e sarà proprio il regista calabrese a riprovarci quest’anno. Il suo Campo di battaglia è uno dei cinque battenti bandiera tricolore in competizione, una pattuglia fin troppo numerosa (ma lo scorso anno erano ben sei) che non sempre ottiene lo scopo di valorizzare la produzione nazionale. Queer di Luca Guadagnino con Daniel Craig e Leslie Manville, tratto dal romanzo di William S. Borroughs, è però una produzione internazionale. Dopo la rinuncia dell’ultimo momento lo scorso anno con Challengers, dovuta allo sciopero degli attori hollywoodiani, Guadagnino sarà ancora più sotto i riflettori. Amelio torna in gara con la storia di due medici e un’infermiera (interpretati da Alessandro Borghi, Gabriel Montesi e Federica Rosellini) in un ospedale militare nel 1918, tra gli ultimi mesi della Prima guerra mondiale e l’arrivo dell’influenza spagnola.
Sulla carta il più promettente è Vermiglio di Maura Delpero (che aveva esordito con Maternal) con Tommaso Ragno e Sara Serraiocco, anche questo ambientato sul finire di una guerra, stavolta la seconda. Vermiglio è il paese trentino della Val di Sole, poco sotto il passo del Tonale, dove si svolge una storia di famiglia dagli echi olmiani, che risente delle conseguenze del conflitto.
Si cambia completamente atmosfere per gli altri due titoli in lizza. Iddu dei siciliani Fabio Grassadonia e Antonio Piazza con Toni Servillo, Elio Germano e Barbora Bobulova esplora la vita del boss mafioso Matteo Messina Denaro. Diva futura di Giulia Steigerwelt (attrice e regista nota per il film di debutto Settembre) ricostruisce le vicende dell’agenzia del titolo creata da Riccardo Schicchi che lanciò Cicciolina e Moana Pozzi e incise molto sui cambiamenti del costume della nostra società tra gli anni ‘70 e i ‘90. Tra gli interpreti Pietro Castellitto e Barbara Ronchi, che sarà presente in ben quattro lavori.
Il cinema italiano sarà presente in forze in tutte le sezioni, tanto in quelle ufficiali della Biennale, quanto in quelle parallele Settimana della critica e Giornate degli autori, su cui torneremo più avanti.

L’orto americano di Pupi Avati

Film di chiusura sarà l’horror gotico L’orto americano di Pupi Avati, con Rita Tushingham, Chiara Caselli e Robert Madison, mentre fuori concorso passerà Se posso permettermi – Capitolo II di Marco Bellocchio con Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, Rocco Papaleo, Filippo Timi, Pier Giorgio Bellocchio, Fabrizio Gifuni e Edoardo Leo.
Fuori competizione anche Il tempo che ci vuole di Francesca Comencini, che ricostruisce il suo rapporto con il padre Luigi a partire dal dietro le quinte del celebre Pinocchio, e Allégorie citadine di Alice Rohrwacher e il fotografo francese JR, noto al cinema per Visages villages con Agnès Varda.

Apre la sezione Orizzonti Nonostante, secondo film da regista di Valerio Mastandrea, che è anche protagonista. Nella sezione il dramma familiare Familia di Francesco Costabile e Diciannove di Giovanni Tortorici, prodotto da Guadagnino. Orizzonti Extra, sezione nata per essere più aperta alle opere “da pubblico”, include Vittoria di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman e La storia del Frank e della Nina della milanese dal tocco surreale Paola Randi (Into Paradiso e Tito e gli alieni).

M – Il figlio del secolo di Joe Wright

Fuori concorso passa la serie M – Il figlio del secolo di Joe Wright, otto episodi prodotti da Sky dai libri di Antonio Scurati che usciranno al cinema divisi in due parti prima di approdare in televisione. Una produzione ambiziosa e dal respiro internazionale a partire dalla scelta del regista inglese di Orgoglio e pregiudizio e L’ora più buia, con Luca Marinelli nel ruolo di Benito Mussolini.
Ritorna la storia nel documentario fuori gara Bestiari, erbari, lapidari di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti (L’infinita fabbrica del Duomo) e la storia del nostro cinema in due ritratti come Carlo Mazzacurati – Una certa idea di cinema di Enzo Monteleone e Mario Canale e Volonté – L’uomo dai mille volti di Francesco Zippel.

La Settimana della critica propone sette film di autori esordienti, tra i quali Anywhere Anytime di Milad Tangshir, ambientato a Torino e scritto con Daniele Gaglianone, storia di un immigrato senegalese che fa il rider consegnando pasti a domicilio in un omaggio a Ladri di biciclette.
Faranno discutere i film nazionali inclusi nel programma delle Giornate degli autori, che mettono in concorso Taxi Monamour di Ciro De Caro con Rosa Palasciano, regista e attrice rivelazione di Giulia. Come evento speciale inaugurale c’è Coppia aperta quasi spalancata di Federica Di Giacomo con Chiara Francini che riprende il testo teatrale di Franca Rame e Dario Fo per un’indagine sulla coppia oggi.
Merita attenzione la vicenda autobiografica che Antonietta De Lillo ricostruisce ne L’occhio della gallina, con un’ironia che prova a stemperare l’incubo quasi kafkiano nel quale è artisticamente finita dopo il bellissimo Il resto di niente con Maria de Medeiros del 2004. Un film, passato proprio a Venezia, che ricevette ottime critiche e non fu quasi distribuito, tanto che la regista entrò in causa con l’Istituto Luce, un contenzioso protrattosi per anni, mentre De Lillo continuava a realizzare documentari (anche su Alda Merini), ma le sue richieste di finanziamento per un successivo film di finzione andavano a sbattere contro muri di gomma. Una storia non solo personale, che per De Lillo è paradigmatica di come funzionano certi meccanismi nel nostro Paese, non solo nel cinema, e come si possa finire ai margini dopo aver realizzato un ottimo lavoro.

Molti italiani anche nelle Notti veneziane: il documentario A Man Fell di Giovanni C. Lorusso, il palermitano Bosco grande di Giuseppe Schillaci, l’odissea europea di Desert Suite di Fabrizio Ferraro, il musicale Quasi a casa di Carolina Pavone con Lou Doillon e Francesco Bianconi e La scommessa – Una notte in corsia di Giovanni Dota con Carlo Buccirosso, Lino Musella, Nando Paone e Iaia Forte. Infine proiezione speciale per il televisivo Leopardi. Il poeta dell’infinito di Sergio Rubini.

da Venezia, Nicola Falcinella

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