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Venezia 81: dal Sudan e dal Nepal due film e due mondi da scoprire

Due film da mondi lontani sono stati presentati il primo giorno qui a Venezia: il documentario Sudan, souviens-toi all’interno delle Giornate degli autori e Pooja, sir invece nel concorso di Orizzonti.

Sudan, souviens-toi, della regista tunisina Hind Meddeb, racconta le proteste del 2018-2019 in Sudan attraverso la storia di Shajane, Maha, Muzamil, Khattab, ragazzi poco più che ventenni, politicamente attivi e artisticamente creativi. È un film corale, il ritratto collettivo di una generazione che lotta per la libertà con le proprie parole, poesie e canti. Di fronte a un esercito corrotto, responsabile dei crimini di guerra, avrebbero potuto perdersi d’animo ancor prima di iniziare. Loro invece si mettono in prima linea, protestano, incitano gli altri, hanno il coraggio che manca alla generazione precedente. Senza un sogno, il potere dell’immaginazione e la forza del discorso poetico, non avrebbero rovesciato il regime precedente.
Hind Meddeb ha seguito questi giovani sudanesi nei sit-in di cinquantasette giorni a Khartoum, davanti al quartier generale dell’esercito, e poi durante il massacro del 3 giugno 2019, quando i militari attaccarono i manifestanti uccidendo in poche ore centinaia di persone che stavano resistendo al colpo di stato. E poi ha continuato a riprenderli fino a quando la guerra è iniziata, causando morte e distruzione ovunque, costringendo tutti a prendere le strade dell’esilio.
Sudan, souviens-toi è un potente documentario che ha il pregio di far parlare di una delle tante guerre dimenticate che non vengono mai trattate, figuriamoci discusse, nel nostro mondo occidentale. La Meddeb ci mostra una nuova generazione di giovani che si batte per la libertà di coscienza, come descritto in questa famosa poesia: “Ci uccidono in nome della religione. Ma l’Islam dice: insorgete contro i tiranni! Una pallottola non uccide. Il silenzio sì”.

Pooja, sir è invece un film nepalese girato da Deepak Rauniyar, regista di origini madhesi, cresciuto in un ambiente dal razzismo sistemico in cui, a causa del colore della pelle, correva il rischio di essere fermato dalla polizia. Di recente, in seguito alla guerra civile e all’introduzione di una nuova costituzione, centinaia di migliaia di madhesi di pelle scura sono scesi in piazza, chiedendo uguali diritti rispetto alla popolazione di pelle più chiara. La risposta del governo è stata quella di reprimere le proteste, causando la morte di oltre cento persone.
In questo contesto Rauniyar costruisce un film di finzione: due ragazzini vengono rapiti in una città di confine in Nepal, l’ispettrice Pooja è inviata dalla capitale Kathmandu in una piccola cittadina del Nepal per risolvere il caso del rapimento di due bambini, ma quando arriva sul posto le tensioni e le proteste la ostacolano. Chiede allora aiuto ad una poliziotta locale, Mamata, che l’assisterà nelle indagini. Pooja si scontra con una serie di difficoltà, lottando contro la discriminazione e la misoginia della società nepalese.
Pooja, Sir si svolge ai nostri giorni in una città di confine tra Nepal e India ed è ispirato a un caso realmente accaduto nel Nepal meridionale durante le proteste razziali del 2015. La scelta del genere poliziesco è utile per raccontare questa storia e consente al pubblico di esplorare il lato oscuro della comunità madhesi, attraverso gli occhi di una detective di pelle chiara. Ciò che lei apprende durante l’indagine sul rapimento la aiuta a capire meglio il razzismo istituzionalizzato a cui è sottoposto un terzo della popolazione nepalese.
Il film soffre di qualche lungaggine e non sempre tutto funziona alla perfezione, ma ha sicuramente il pregio di mostrarci in questa zona remota del Nepal un altro dei conflitti a noi sconosciuto e farci capire come corruzione, razzismo e politica siano sempre intrecciati.

Sono due film che dimostrano il grande il potere che ha il cinema di aiutarci a comprendere le nostre comuni difficoltà e le nostre esperienze di vita e di morte, anche quando avvengono ai margini del nostro mondo e ci sembrano lontanissime. Il cinema permette da sempre uno scambio di prospettive che ci permette di vedere (non vale solo per i nepalesi o per i sudanesi), perché razza, discriminazione e confini nazionali sono ovunque questioni di fondamentale importanza per le comunità umane.

da Venezia, Claudio Casazza

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