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Venezia 81: da Orizzonti la storia di Enric Marco

“Il passato non muore mai. Non è nemmeno passato”
William Faulkner

In Orizzonti arriva Marco, un film molto interessante su verità e bugie, inganno e realtà, ma fortemente basato su eventi reali: è la storia di Enric Marco, un uomo di immenso carisma che per anni è stato portavoce dell’Associazione spagnola delle vittime dell’Olocausto e che ha sostenuto, in pubblico e privato una complessa ed elaborata menzogna, quella di essere stato prigioniero in un campo di concentramento nazista.
Enric Marco è un uomo, come lo ha definito il premio Nobel Vargas Llosa, “spaventoso e geniale”, spaventoso perché ci ricorda le profondità in cui chiunque di noi potrebbe sprofondare per farsi accettare dagli altri; e geniale perché, almeno per un po’, Enric Marco ha raggiunto il suo obiettivo: costruire, agli occhi degli altri, la finzione di una vita trionfale. Un personaggio così non può che affascinare, Marco è stato un mentitore seriale che partendo da alcuni fatti reali si è ricreato un suo mondo di fantasia, ingigantendo i fatti, le sofferenze, le immagini, trasportando sé stesso dove non era stato e facendo compiere al proprio “personaggio” azioni che il vero Marco non si sarebbe mai sognato di compiere. Ha realizzato il sogno che tutti noi vorremmo realizzare quando incominciamo un romanzo, un film, un videogioco: vivere un’altra vita, più intensa, differente, più eroica.
La storia era stata già protagonista di L’impostore di Javier Carcas, un affascinante romanzo/saggio che ha indagato per anni sulla figura di Marco sviscerandone tutte le bugie ma anche tutte le verità. Abbiamo avuto la fortuna di leggere il romanzo di recente e possiamo perciò permetterci alcune riflessioni che vanno oltre il film stesso.

I registi baschi Jon Garaño e Aitor Arregi, già autori di La trincea infinita (2019) e Giant (2017), due notevoli film ispirati a vicende realmente accadute legate alla storia spagnola, scelgono di raccontare solo l’ultima menzogna legata al campo di concentramento tralasciando tutti gli aspetti più che controversi su guerra civile e franchismo. Facendo questa scelta, Garaño e Arregi concentrano il racconto in un determinato e breve periodo di tempo, realizzano così un quasi thriller morale sicuramente efficace che tiene alta la tensione nello spettatore. Il film risulta così un po’ troppo didascalico, evidentemente utilissimo per chi non conosce questa storia ma forse si perde l’occasione di scavare ancora più in profondità nella storia spagnola. Una delle tante domande che si poneva Cercas nel suo romanzo era come la Spagna tutta avesse potuto credere a tutte le menzogne di Marco: come può una così colossale menzogna reggere per decenni senza generare alcun sospetto? Sarebbe stato forse interessante scavare sulle motivazioni che hanno permesso l’esistenza di una tale vicenda. O ragionare/approfondire l’uso superficiale della “memoria storica”, trasformata presto in “industria della memoria” e perciò porsi domande sul dubbio, che a volte diventa certezza, circa il ruolo che la menzogna collettiva ha svolto nell’accompagnare la transizione della Spagna dalla dittatura alla democrazia.
Sono tutte domande che comunque lo spettatore può farsi mentre vede il film o, come stiamo facendo noi, mentre ci ragioniamo sopra. Marco risulta essere comunque un lavoro molto importante, recitato in modo sublime e diretto in maniera sicura, che permette allo spettatore di riflettere oltre il film stesso, cosa non comune per molto cinema che passa davanti ai nostri occhi. Per concludere, ricordiamo che in Italia il film sarà distribuito nei prossimi mesi da Movies Inspired.

Da Venezia, Claudio Casazza

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