Il film che ha aperto ieri le Giornate degli Autori è il nuovo lavoro di Federica Di Giacomo (autrice di Liberami e Il palazzo) alle prese con il suo primo confronto con un lavoro di finzione che però ha comunque sempre una parte documentaria molto importante.
È un film tratto dallo spettacolo omonimo di Franca Rame e Dario Fo portato a teatro da Chiara Francini in questi anni. La Di Giacomo costruisce insieme alla Francini una storia intorno allo spettacolo che cerca di attualizzare al contemporaneo il testo di Franca Rame, che racconta la sempiterna favola dell’amore quando è coppia, o quando si diventa molti di più.
È la storia di Antonia, alla quale il marito propone di spalancare la coppia, lei accetta pur di non perdere l’uomo, ma tutto cambia nel momento in cui comincia ad ascoltarsi e guardare oltre il divano di casa. Così Chiara/Antonia – divisa fra il suo compagno Fredrik e il suo partner in scena Alessandro – decide di scoprire un universo a lei sconosciuto: tutto il macro-tema del poliamore, venendo a conoscenza di nuovi mondi e modi di praticarlo, senza risparmiarsi dibattiti anche accesi con giovani arrabbiati, femministe e gruppi che praticano un amore fuori dalla coppia tradizionale. Ne nasce un film multiforme, molto divertente, dalla struttura aperta, sicuramente interessante nella sua determinazione a raccontare, secondo linguaggi e contesti continuamente diversi, una tematica enorme come l’amore al tempo di oggi.
Il testo di partenza è del 1983, e fu dissacrante nel parlare della libertà sessuale e sentimentale della donna in una società borghese in cui il tradimento è consentito solo all’uomo. Cosa è cambiato in Italia dopo quarant’anni nel modo di concepire la fedeltà? Ispirandosi alla visione politica e satirica del teatro di Franca Rame la Di Giacomo ha pensato subito di rompere il testo, allargare il campo, fare ricerca e creare così una struttura drammaturgica aperta che si sposta costantemente tra ciò che succede sulla scena e ciò che succede dietro le scene, tra la finzione e il documentario, in un tempo filmico che coincide con quello della tournée dei due attori. che ancora non vedono il rapporto fra il testo teatrale e la loro vita.
La parte documentaria segue invece una donna, Sara, che ha un marito ma anche un nuovo compagno e che decidono di vivere insieme. È una parte molto intensa, anche se ovviamente meno cinematografica di quella con la Francini mattatrice. È forse proprio questo legame tra i vari frammenti che rende il film problematico, non funziona molto il dispositivo con cui Chiara e Alessandro si immergono in scene di finzione per collegare le scene più chiaramente documentarie.
La forza di Coppia aperta quasi spalancata è allo stesso momento il suo limite: la pluralità dei punti di vista si moltiplicano, i profili narrativi si confondono e diventano imprevedibili, la Di Giacomo cerca di mettere in comunicazione questi microcosmi che però sembrano non sforzarsi molto di dialogare e rimangono, il più delle volte, ancorati al loro punto di vista. Nonostante qualche debolezza, soprattutto nella parte finale, il film ha sicuramente il pregio di provare a compiere questo dialogo spesso impossibile e merita di essere visto, a questo proposito ricordiamo che è già al cinema da oggi distribuito da Iwonder.
da Venezia, Claudio Casazza