Presentato alle Giornate degli autori quello di Federica Di Giacomo, già autrice di Liberami vincitore di Orizzonti nel 2016, è uno dei film che più ci ha colpito in questa edizione.
Nel cuore di Roma, con vista San Pietro, si erge un Palazzo. Il proprietario, come un mecenate rinascimentale, negli anni offre asilo a una eclettica comunità di amici che ne trasforma ogni angolo in un set cinematografico permanente.
Il Palazzo racconta la storia di un gruppo di amici tenuto insieme da Mauro, tra loro il più carismatico. Mauro è un visionario, negli anni ’90 inizia a girare film sperimentali; geniale, coinvolge tutti i suoi amici che così diventano attori. Dedica tutto se stesso a questo progetto, fino a isolarsi completamente rispetto al mondo circostante e rinchiudersi in quel palazzo.
Nel momento della sua morte prematura, nel 2018, il gruppo di amici si ritrova, chiamato a ricevere la sua eredità: i film mai finiti, mai compiutamente montati, ore e ore di girato, fotografie e tanti materiali da raccogliere e magari portare con sé. Un lascito che scuote lo spirito assopito del gruppo e mette ciascuno a confronto con i propri sogni giovanili.
L’immenso archivio che Mauro ha lasciato costruisce il rapporto fra l’immagine del passato e quella di oggi, fra la realtà del presente e la finzione del cinema. Il dispositivo del film si basa sullo sguardo di Mauro verso gli amici attraverso i film mai finiti e sullo sguardo degli amici che discutono di lui rivedendo quelle immagini. È un bilanciamento perfetto che si lega ai discorsi degli amici che riflettono sul passato e sul presente. Diventa una triangolazione intellettuale ed emotiva che dona una forza enorme al film. Scatena l’urgenza di riflettere sulle proprie vite in un modo potentissimo. Attraverso il ricordo di Mauro e il suo cinema “infinito” (a proposito il titolo internazionale del film è Unfinished) gli amici riscoprono loro stessi e il loro passato. Riaffiorano vecchie simpatie e rancori non ancora sopiti, riemergono prepotenti tristezza e nostalgia, tornano a galla i fallimenti, i loro sogni e soprattutto le loro illusioni perdute.
È il Grande Freddo che il cinema italiano non ha mai davvero realizzato, un film molto importante sull’elaborazione del lutto, sui ricordi, sulle macerie che lascia la vita, un film anche sul cinema, sul non finito, sull’incompiuto. Su chi era e non è più.
da Venezia, Claudio Casazza