Il film di Pietro Marcello arriva dirompente e sconvolge la Mostra, è un film senza tempo, fiammeggiante, emozionante, politico, storico, intellettuale, autobiografico. Martin Eden (leggi la recensione completa) è un film magnifico, di quelli che rimarranno nella memoria per molti anni, un film che racconta la nostra storia e la storia di chi si è formato non nella famiglia o nella scuola, ma attraverso la cultura incontrata lungo la strada. È il romanzo degli autodidatti, di chi ha creduto nella cultura come strumento di emancipazione e ne è stato poi deluso. È un film che nasce dall’omonimo romanzo di Jack London, un libro di grande attualità politica ancora oggi, che faceva già intravedere a inizio ‘900 le fosche tinte del futuro, le perversioni e i tormenti del ventesimo secolo. Il film tocca le corde del cuore non solo per la storia d’amore che è la cosa meno importante, ma per tutti gli strati di racconto che sono sottostanti. La straordinarietà dell’opera è aver spostato un romanzo ambientato in California nei primi anni del ‘900 in una Napoli senza un tempo preciso, una Napoli portuale che può essere qualsiasi città del mondo. Marcello ha realizzato un film dove il protagonista attraversa tutta la violenza del Novecento, senza coordinate temporali, con dei dialoghi che ci rimandano all’inizio del ‘900, poiché si parla di una guerra imminente, ma intanto vediamo la Napoli del dopo conflitto, la televisione, le automobili e un inizio di ricostruzione. Un film pieno di ellissi, che violenta la continuità narrativa che smette di essere importante, dove anzi è lo spettatore che è chiamato a riempire i buchi con la propria storia, con la propria intelligenza, con il proprio cuore.
È una storia raccontata anche e soprattutto attraverso l’archivio, è incredibile la quantità di repertorio inserita nella narrazione che si fonde perfettamente con le riprese di oggi. Ci sono anche le ossessioni di Marcello che erano presenti nei suoi film precedenti: il mare e i vicoli della Bocca del Lupo, i film russi che tanto ama, la bufala di Bella e perduta, ovviamente i treni del suo esordio Il passaggio della linea. Credo anche che sia un film autobiografico, Martin Eden è un po’ Pietro Marcello, un regista del sud, audace e coraggioso, sempre più alla ricerca di ambizioni intellettuali, un regista ostinato ai limiti della perversione, spesso poco a suo agio nel mondo del cinema italiano. Un film senza tempo che dovremmo vedere e rivedere per capirne ancora di più la sua grandezza, dal 4 settembre sarà al cinema.
da Venezia Claudio Casazza