Con Gloria mundi Robert Guédiguian continua un percorso cinematografico pieno delle sue tematiche e di quegli elementi che sono diventati familiari a chi conosce la sua filmografia: la città di Marsiglia e un cast di attori che hanno fatto la storia del suo cinema. Il film racconta di Daniel (Gérard Meylan) che lascia la prigione e ritorna a Marsiglia, dove sua figlia Mathilda (Anaïs Demoustier) ha da poco avuto un bambino. Mathilda è una commessa in prova, mentre il suo compagno Nicolas (Robinson Stévenin) è un autista a chiamata di Uber. Una notte Nicolas viene assalito da alcuni tassisti determinati a disincentivare con le cattive la ‘concorrenza sleale’.
A Marsiglia neanche la gioia per una nascita fa fermare i tempi duri del mondo contemporaneo. Guédiguian gira un film morale in cui tutti lottano per uscire dalla difficile situazione economica e sentimentale, guarda a Marx e lo dice chiaramente: “ovunque regni, il neocapitalismo ha schiacciato relazioni fraterne, amichevoli e solidali, e non ha lasciato altro legame tra le persone, se non il freddo interesse e il denaro, annegando tutti i nostri sogni nelle gelide acque del calcolo egoistico”. Sono le sue parole che non possono che essere confermate con questo nuovo film, un crudele racconto di una famiglia ricostituita, fragile come un castello di carte. Rispetto agli ultimi film ci sono delle divisioni più nette e un po’ troppo schematiche: i giovani sono tutti attenti al denaro e alla popolarità via web, gli interessa solo fregare gli altri e l’umanità sembra non esistere; al contrario i vecchi invece sono i depositari degli ideali da molti sepolti nel cassetto. È forse un film meno riuscito degli ultimi ma è evidente come Guédiguian voglia mettere in dubbio il nostro stile di vita. Dobbiamo davvero interrogarci più che mai in questi tempi difficili, per non soccombere all’illusione che ci sia qualcosa di naturale nelle società in cui viviamo.
Anche Roy Andersson nella sua filmografia ha sempre distrutto le nostre certezze, e in About Endlessness il regista svedese procede nel suo percorso inusuale, pieno di ironia e durezza, e ci racconta qualcosa di importante sul presente. Il film narrato da una melliflua voce femminile alla Sherazade ci mostra gli affanni dell’umanità, dei piccoli momenti irrilevanti assumono lo stesso significato degli eventi storici: una coppia fluttua su una città devastata dalla guerra; mentre accompagna la figlia a una festa di compleanno, un padre si ferma per allacciarle le scarpe sotto una pioggia battente; un prete non crede più in Dio e si rifugia nell’alcool; ragazze adolescenti ballano all’esterno di un caffè; un esercito sconfitto marcia verso un campo di prigionia; un uomo si lamenta sul bus mentre va al lavoro. Andersson gira un film che è ode e lamento al tempo stesso, About Endlessness è un caleidoscopio di tutto ciò che è eternamente umano, una storia infinita sulla vulnerabilità dell’esistenza. Il regista svedese gira un film con lunghe sequenze ed episodi distanti l’uno dall’altro ma che insieme invece ci raccontano l’essere umano, le sue debolezze e le sue paure. Andersson sottolinea ancora una volta che per far comprendere la bellezza di essere vivi ci vuole un contrasto netto, bisogna rivelare chiaramente il nostro lato peggiore, gli orrori del mondo d’oggi. Riderci sopra e soffermarci a pensare… ma forse non c’è tanto da ridere.
Il cinema deve confrontarsi con il mondo di oggi e riflettere sull’essere umano che lo percorre, per questi motivi è molto interessante anche Destino, il cortometraggio di Bonifacio Angius visto all’interno della Settimana Internazionale della Critica fuori concorso nella quarta edizione di SIC@SIC. Angius è stato autore dei bei lungometraggi Perfidia (2014) e Ovunque proteggimi che è appena stato nei cinema. Ora approda a Venezia con il suo ultimo lavoro del quale ha curato regia, sceneggiatura, fotografia, montaggio e produzione, e in cui ricopre anche il ruolo di attore protagonista. Il regista sardo si dimostra un vero artigiano, nel solco della migliore tradizione del cinema italiano e anche della sua terra che compare sempre nei suoi lavori. Il film si sviluppa in una giornata ordinaria di un uomo senza qualità che si misura con il senso di vuoto, con la paura, con la forza della superstizione e l’angoscia interiore. Con Destino Angius aumenta la sua galleria di personaggi ai margini, è il ritratto dell’ennesimo sconfitto, dell’ennesimo perdente in guerra contro tutto e tutti, ma soprattutto contro se stesso. Il disagio esistenziale è un tema che aveva già percorso i film precedenti e lo porta con questo nuovo film a una dimensione di intensità quasi ancestrale.
da Venezia Claudio Casazza