Mentre il film di Terry Gilliam The Zero Theorem divide la critica (non è una novità per il regista britannico) con la sua ipotesi di futuro virtuale in cui nulla sembra più essere vero e predomina l’alienazione, un altro film del concorso internazionale sembra invece mettere d’accordo tutti.
Tom à la ferme è il quarto lungometraggio per l’enfant prodige Xavier Dolan, punta di diamante del cinema canadese. Presente a Cannes con i suoi precedenti lavori, giunge in concorso a Venezia con un comprovato bagaglio artistico e uno stile personalissimo. Il talentuoso Xavier realizza un’intensa storia sull’omofobia e si dona anima e corpo per concretizzare il meraviglioso risultato che questa pellicola ci offre e che lo vede al contempo regista ed attore protagonista.
La sceneggiatura è tratta dall’adattamento della pièce tetrale del drammaturgo Michel Marc Boucharda e racconta l’arrivo di Tom, giovane pubblicitario, in un’isolata zona rurale per partecipare ad un funerale. Ospitato nella fattoria di famiglia dell’amico/amante defunto, sarà costretto a subire il dolore disperato della madre, incapace di accettare la morte del figlio e la virile pressione del fratello Francis (Pierre-Yves Cardinal), difensore della mascolinità più rude. Tom, pervaso dal fascino eccitante di quell’uomo bestiale che mal tollera la sua omosessualità, entrerà nella classica spirale psicologica di vittima e carnefice. Violenza e complicità ad alto voltaggio per questo pressante thriller esistenziale.
da Venezia, Jenny Rosmini