Sorprese, colpevoli omissioni e uno sguardo agli Oscar. Come ci si aspettava, il Leone d’Oro ha insignito un lungometraggio americano, mentre il film del festival, Mektoub, My Love: Canto Uno del francese Abdellatif Kechiche, è stato completamente ignorato dalla giuria presieduta da Annette Bening.
La vittoria ha arriso a Guillermo Del Toro con The Shape Of Water con Sally Hawkins, Michael Shannon, Octavia Spencer e Richard Jenkins, una fiaba tra Spielberg e Burton sull’amore e la diversità, una storia romantica e cinefila nell’estate 1960 in piena Guerra fredda. Gli americani hanno catturato in Amazzonia una creatura mostruosa e i sovietici vogliono sottrargliela, ma una donna delle pulizie la scopre e se ne innamora. Un bel film, con una meravigliosa inquadratura finale, che piacerà al pubblico, ma che non vale il suo Il labirinto del fauno e per il quale il premio è un regalo troppo grande. Dopo Iñárritu e Cuarón, si conferma il momento fortunato dei registi messicani che lavorano negli USA. Il film, come negli ultimi anni Gravity, Birdman, Spotlight e La La Land tutti partiti dalla Mostra, diventa un serissimo candidato per i prossimi Oscar. “Credo nell’amore, credo nella vita e credo nel cinema” ha detto Del Toro nell’interminabile cerimonia conclusiva condotta dall’attore Alessandro Borghi.
Il cinema italiano si consola con la Coppa Volpi di miglior attrice a Charlotte Rampling per Hannah di Andrea Pallaoro e la vittoria nella sezione Orizzonti, con Nico 1988 di Susanna Nicchiarelli. Complessivamente il verdetto finale lascia interdetti per aver lasciato fuori la pellicola di Kechiche, quasi che i giurati non l’avessero compresa, come anche per First Reformed di Paul Schrader, Suburbicon di George Clooney ed Ex Libris del grande americano Frederick Wiseman (che si è consolato con il premio Fipresci della critica), esclusi dal palmarès.
Mektuob è una meravigliosa opera piena di vita, con una regia sopraffina, che racconta l’estate del 1994 di un gruppo di giovani a Sète, nel sud della Francia. Un tempo che sembra remoto quando le ragazze borghesi di Nizza potevano flirtare senza paura con i coetanei d’origine araba. Un film sull’amore, sulla nascita, sui corpi, la leggerezza dell’estate, il desiderio, un film democratico che non dà giudizi e pone tutti sullo stesso livello, condotto dallo sguardo poetico, contemplativo e puro del protagonista Amin. Altro premio molto superiore ai meriti è il Leone d’argento Gran premio della giuria assegnato a Foxtrot dell’israeliano Samuel Maoz, già Leone d’oro per Lebanon nel 2009, autore che sa convincere le giurie come pochi. Un film di lutto e guerra, che alterna dramma e commedia e si presenta diseguale.
La grande sorpresa della serata è stato Jusqu’à la garde – L’affido del francese Xavier Legrand, che ha conquistato due premi importanti, assegnati da due giurie diverse: il Leone d’argento per la regia e il Leone del futuro come migliore opera d’esordio. Una doppietta inattesa per un film passato l’ultimo giorno senza grandi nomi o aspettative. Una storia di divorzio e violenza sulle donne, che più delle ragioni dei protagonisti si concentra sui loro sentimenti. Una coppia sta divorziando e si contende l’affido del figlio minore Julien, che rifiuta il padre e ne alimenta involontariamente il rancore fino a un crescendo da thriller. Un buon debutto, un altro film che merita di essere distribuito, che tratta un argomento molto attuale in maniera apprezzabile, ma forse il premio per la regia avrebbe trovato altre mani più meritevoli, anche lo stesso Darren Aronofsky per il controverso e arrischiato Mother!.
Il premio alla Rampling è un riconoscimento al film, il più ricercato del quartetto tricolore in gara, del trentino Pallaoro. Una storia rarefatta di solitudine per una donna con il marito in carcere, probabilmente per pedofilia. L’attrice inglese, che tanto deve al cinema italiano, recita qui in francese trattandosi di una vicenda ambientata in Belgio. La sua interpretazione è sicuramente buona e si è imposta su un bel gruppo di brave attrici.
Tra queste Frances McDormand, protagonista e punto di forza di Tre manifesti fuori Ebbing, Missouri di Martin McDonagh, una commedia nera che parla di vendetta, stupro e razzismo e ha avuto il premio per la sceneggiatura. Azzeccata l’assegnazione della Coppa Volpi di miglior attore Kamel El Basha per il bel libanese L’insulto di Ziad Doueiri, una delle rivelazioni della mostra. L’attore teatrale al suo primo film è nei panni di un capocantiere palestinese coinvolto in una lite che avrà un complesso corso processuale con un meccanico cristiano. La pellicola sarà distribuita in Italia da Lucky Red e nella sua forma alla Sidney Lumet riesce a ragionare, ma anche appassionare, sulla complessità della società libanese e le sue lacerazioni. Premio speciale della giuria a Sweet Country dell’australiano Warwick Thornton, opera discreta e nulla più che tratta ancora una volta di ingiustizie, però per il regista un passo indietro rispetto al dirompente Sansone e Dalila in versione aborigena.
Il premio ineccepibile il Mastroianni a un giovane attore, andato a Charlie Plummer protagonista con il suo cavallo del tenero Lean on Pete di Andrew Haigh. Dal regista di Weekend e 45 anni ci si aspettavano forse più guizzi, ma il viaggio di crescita e contemplazione dei grandi paesaggi tra Oregon e Wyoming contiene emozioni.
Buono anche Nico 1988 della Nicchiarelli, che vive della magnifica interpretazione della danese Trine Dyrholm nel ruolo della cantante tedesca celebre per la collaborazione con i Velvet Underground. La musicista è colta dalla regista italiana di Cosmonauta nei suoi ultimi anni di vita, tra droghe, ricerca del figlio e una carriera solista ardua da far apprezzare, fino alla morte prematura a Ibiza. Sempre in Orizzonti il bel gruppo di film iraniani, ben tre, uno più apprezzabile dell’altro, ha ottenuto tre riconoscimenti per due film diversi, No Date, No Signature di Vahid Jalilvand (noto per Un mercoledì di maggio), miglior regia e miglior attore Navid Mohammadzadeh e l’ottimo Los versos del ovido di Alireza Khatami premiato per la sceneggiatura. Sempre in Orizzonti premio per l’attrice a Lyna Khoudry per l’algerino Les bienheureux di Sofia Djama e premio speciale della giuria al documentario Caniba di Véréna Paravel e Lucien Castaing-Taylor. E il premio per il miglior cortometraggio se l’è aggiudicato la francese Céline Devaux per Gros chagrin. Nelle sezioni, l’argentino Temporada de caza di Natalia Garagiola ha vinto la Settimana della critica e Candelaria di Jhonny Hendrix Hinestroza le Giornate degli autori.
da Venezia, Nicola Falcinella