Se l’uomo verrà, bisogna poi che vada, che cerchi una strada percorribile, che si incarni in un pensiero che trascenda la carne della propria appartenenza culturale. C’è un’angosciosa fiducia nell’essere umano in Un giorno devi andare, ultimo film di Giorgio Diritti che a, conti fatti gira attorno a temi cari, quali l’immersione dell’individuo in comunità estranee, la ricerca di solidarietà e comunione, il viaggio come esplorazione dell’altro e l’altro come strumento d’esplorazione di sé, la natura come casa e riparo.
La vicenda di Augusta, una matura (artisticamente) Jasmine Trinca, trentenne in fuga da un figlio mai nato e da un marito scomparso, è raccontata in tre fasi che la vedono prima compagna di una suora (sorprendente Pia Engleberth), poi mescolarsi a una comunità tra le palafitte di Manaus, infine ricercare la solitudine e la dissoluzione into the wild nella foresta amazzonica. Percorrere le acque del fiume per ricucirsi al mondo, imponendosi una disciplina che sappia dialogare con l’attesa prima, la partecipazione missionaria dopo, l’annichilimento dell’io alla fine, disegna un tragitto curvilineo che potrebbe in seguito girare in direzione centripeta o centrifuga, ovvero verso un ripiegamento tutto interiore o la propensione a donarsi ma in senso laico.
La struttura del film, in cui tesi e antitesi producono un’ipotesi che, al contrario di Il vento fa il suo giro, non scatena reazioni ma solo un abbandono che determini un rinnovato approccio alla vita, non lascia molte scelte allo spettatore, condotto nel racconto da Augusta e naturalmente coinvolto dal suo sguardo sulle cose. Ciò che sposta nell’anima della protagonista la sostanza della dialettica instaurata tra l’approccio dei religiosi, convinti di organizzare le società indigene sulla base di un sistema di valori cattolico, e quello dell’atea, meno invasivo, caratterizzato dal dubbio e dall’assenza di fede, quindi figlio di un relativismo che non può avere punti fermi. Nemmeno nell’esperienza di Simone Weil, che pare tutelare la scelta di Augusta di abbandonare la strada indicata da suor Franca, che in tasca ha sin troppe verità, per una esperienza tra gli umili svestita di qualsiasi dogma, come fosse condizione necessaria per comprendere prima di tutto l’uomo, nell’ipotesi remota di poter arrivare un giorno a Dio. E infatti il libro che accompagna Augusta è “Attesa di Dio” (ed. Adelphi), cioè la toccante ricerca di verità della mistica/filosofa francese; e non per nulla Augusta si cala nella realtà di Manaus come la scrittrice si calò tra gli operai, ma chiaramente con un approccio meno ideologico.
Pur limitando gli stereotipi visivi della morte al lavoro nelle favelas, Diritti non lima però a sufficienza, indugiando spesso nel racconto in didascalie inutili. A tratti pare non fidarsi delle proprie immagini il regista, che invece apostrofa sin troppo alcuni passaggi, rafforza lo smarrimento della madre di Augusta con brevi scene che ne enfatizzano il dolore per la lontananza, che diventa inquietudine per un Dio che non parla. Il continuo spostamento tra Brasile e Trentino sovrasta il racconto, spezzando, soprattutto nel finale l’emozione della deriva di Augusta, nel momento in cui diventa catarsi e si materializza dal mare un bambino che la riconsegna alla vita. Un peccato, perché l’eccessivo dire nuoce eccome. Così la poesia di Augusta che tra sogno e realtà rema sola verso una spiaggia deserta e quasi muore di stenti, viene svuotata dalla prosa di un viaggio verso l’Italia di una ragazza che a Manaus ha vissuto un dolore profondo. E c’è anche il tempo per vedere le suore che le si presentano una a una!
Al contrario dei due film precedenti, Diritti dimentica a tratti quanto potenti riescano ad essere certe sue immagini, cariche di simboli e per questo già capaci di raccontare, senza l’urgenza di spiegare a tutti i costi.
Alessandro Leone
Un giorno devi andare
Regia: Giorgio Diritti. Sceneggiatura: G. Diritti, Fredo Valla, Tania Pedroni. Fotografia: Roberto Cimatti. Montaggio: Esmeralda Calabria. Interpreti: Jasmine Trinca, Pia Engleberth, Anne Alvaro, Paulo De Souza, Sonia Gessner. Origine: Italia/Brasile, 2012. Durata: 110′.