Dai, è inutile che ci raccontiamo storielle. M. Night Shyamalan si è perso per strada. Non che nessuno gliene voglia dare una colpa, sono cose che succedono e non c’è bisogno di farne un caso di stato, ma insomma è innegabile che del regista de Il sesto senso (1999) ormai resti a mente soltanto il nome. The Visit segue il canovaccio della ghost story, che però è sempre più sciupato, strizzato e disidratato. Abbiamo una casa dispersa in campagna, due ragazzotti in età preadolescenziale (Ed Oxenbould e Olivia DeJonge) che vanno a trovare i nonni, due nonni all’apparenza normali che in realtà hanno qualche segreto da nascondere, e l’immancabile videocamera amatoriale che cattura il point of view dei vari protagonisti. Il massimo della banalità e del già visto, direte voi, invece no. O comunque non troppo. Shyamalan ha occhio clinico, sa come muovere i suoi attori, come spostare la macchina da presa nell’ambiente, o come non spostarla e fare della sua immutabile fissità il punto di forza di uno stile. D’altronde siamo nel post-moderno, qualunque cosa voglia dire, e il modo di fare cinema non ha più regole precise, coerenza o simmetria. È come l’arte astratta, si improvvisa seguendo il ghiribizzo, si plasma assecondando l’estro e subordinando la forma alle sue molteplici manifestazioni. Ad averla vinta sono le sensazioni, i colori, i momenti effimeri attorno ai quali è però retto il pathos.
The Visit non comunica nulla di profano rispetto al genere, né di interessante o innovativo, ma quel che dice lo dice bene. Il regista giustappone attimi di inquietante esitazione, suggerisce senza mostrare, sussurra nel buio senza far mai esplodere la follia. Il suo lavoro è il lento dipanarsi di un incubo, un rivelazione castrata che non svela mai niente di profondo e che si limita a galleggiare in superficie. Eppure qualche momento di bellezza riesce a strapparlo, qualche brivido, qualche attacco subitaneo di tremarella: la vecchia nonna (Deanna Dunagan) che alle nove di sera dà di matto e si mette a correre per i corridoi completamente nuda, testa china e mani allacciate dietro la schiena; il nonno (Peter McRobbie) che abbandona per il capanno degli attrezzi i pannoloni imbrattati di merda (e come li userà quei pannoloni!); due fratellini spaventati, affidati da una madre problematica a dei parenti ancora più problematici, che cercano di dare un senso alla propria condizione di abbandono filmando, imprimendo, registrando immagini rubate. Per farne cosa? Un documentario sulla propria famiglia, naturalmente, che presto si trasforma nello strumento grazie al quale mostrare il malfunzionamento di un sistema di valori fino ad allora creduto infallibile.
Shyamalan è calligrafico, la punta su un finale ad effetto che in realtà abbiamo già visto mille volte al cinema, eppure la sua pellicola risulta gradevole e in qualche passaggio persino intelligente. Il POV c’è, ma comunque non si vede.
Marco Marchetti
The Visit
Regia e sceneggiatura: M. Night Shyamalan. Fotografia: Maryse Alberti. Montaggio: Luke Franco Ciarrocchi. Interpreti: Ed Oxenbould, Olivia DeJonge, Deanna Dunagan, Peter McRobbie. Origine: USA, 2015. Durata: 94′.