Se il lettore conosce poco poco il cinema di Ken Loach e le sue posizioni nettamente schierate a sinistra, non si stupirà a fine visione per un film documentario a tesi, composto mirabilmente per tre quarti da splendidi materiali d’archivio, per poi confluire in una conclusiva condanna senza appelli del thatcherismo. Nessun contraddittorio, nessuna voce fuori dal coro, perché Loach con The Spirit of ’45 non fa inchiesta, non gira un reportage, nemmeno propriamente un film storico. Ripercorre invece i passaggi significativi che nel dopoguerra hanno portato l’Inghilterra a ricostruire dalle macerie un’ipotesi di futuro, attraverso l’unico modo possibile: il lavoro e le politiche sociali, che non sarebbero bastate se dalla carte non avessero trovato uno sviluppo concreto in tutti i settori della vita pubblica, dalla sanità all’istruzione, dalla costruzione di case ai trasporti. Il 1945 come anno zero da cui ripartire nel segno dell’unità nazionale, della solidarietà, della generosità di uomini e donne: il mutuo soccorso. Lo Spirito che aveva permesso di vincere le forze nemiche, adesso indicava una via possibile verso il benessere per sconfiggere un nemico interno ma mostruosamente visibile: la disuguaglianza sociale.
Loach mette insieme le testimonianze di meravigliosi ottuagenari che furono protagonisti di uno straordinario periodo storico, supportate da immagini sconcertanti di quelle che oggi sarebbero definite bidonville: i quartieri dormitorio delle grandi città inglesi, dove famiglie numerose erano costrette a vivere in una stanza fatiscente, tra topi e scarafaggi, minacciate da malattie mortali. Le scorie della guerra. La povertà endemica. La fatica di vivere e la morte prematura, da Liverpool a Manchester, da Londra a Sheffield.
Ferrovieri, metalmeccanici, postini, medici, insegnanti: sono le voci articolate nel film di Loach, a cui non è mai interessata la neutralità, figuriamoci adesso, a 77 anni, dopo aver girato sempre pellicole dalla parta dei deboli, dei marginali. Così senza imporre a tutti i costi un punto di vista come unico, illustra però una tesi dichiarandola. Schietto in tal senso e sincero, quando nella parte finale del film corre verso il presente, definendo il mostro che ad un certo punto si è ingoiato di colpo il futuro, definendo utopistica una società giusta ed equa, scommettendo sul capitalismo sfrenato e gridandone le potenzialità. In pratica un veleno che ha pian piano corrotto lo spirito del ’45, a vantaggio di pochi cannibali interessati all’arricchimento individuale (seminando morti). La Thatcher in questo scenario è stata tra i protagonisti, colei che più di altri ha decostruito, tradendo il patto tra generazioni che aveva come unico scopo il benessere della collettività.
Alessandro Leone
The Spirit of ’45
Regia: Ken Loach. Fotografia: Steven Standen. Montaggio: Jonathan Morris. Musiche: George Fenton. Origine: GB, 2013. Durata: 94′.