Ci sono pezzi di storia contemporanea che il cinema ha illustrato con efficacia con l’obiettivo di una lettura oggettiva dei fatti che, per tempismo, arriva sempre a proporre riflessioni sull’attualità. Dopo The Post e The Silent Man, sembra chiara la volontà di accostare l’amministrazione Nixon a quella di Trump, mettendo vicine le cadute più profonde nella storia delle presidenze statunitensi (nonostante manchi la distanza per giudicare l’operato del miliardario). Certo i contesti sono diversi, ma l’ambiguità dei personaggi li assimila e propone delle suggestioni che non sfuggono allo spettatore.
Il film dell’ex giornalista Peter Landesman punta dritto su Mark Felt, vice direttore dell’FBI che scatenò con le sue rivelazioni lo scandalo Watergate che costrinse Nixon alle dimissioni appena prima dell’impeachment. “Gola profonda”, come venne definito, si rivelò tale solo nel 2005, quando si confessò a Vanity Fair. Il film prende così le mosse da questo racconto intimo e segreto, che facendo chiarezza su tanti dei punti più oscuri dello scandalo, svela anche la profondità etica di un personaggio che mise in pericolo la sua carriera e la famiglia.
Landesman più che ribaltare il punto di vista dei film sul Watergate (non solo The Post ma anche Tutti gli uomini del presidente) allarga lo scenario, aggiunge il tassello mancante nella vicenda raccontata dal cinema, e lo fa costruendo un thriller che non indaga tanto sulle macchinazioni della Casa Bianca (dandole ormai per note), ma sulla personalità di Felt, impersonato da Liam Neeson (in parte ma a tratti ingessato da un trucco eccessivo e inutile che ne limita la mimica facciale). Dopo la morte di J. Edgar Hoover (padrone dell’FBI a servizio dei presidenti e interprete senza scrupoli della necessità di macchinare a favore della presunta ragion di Stato e degli interessi dei repubblicani: Eastwood lo ha ben raccontato in J. Edgar), Felt, con un gruppo di fedeli agenti, decide di indagare sulle intercettazioni illegali nel Watergate Hotel, nonostante tutti gli indizi portino alla stanza ovale. La ragion di stato diventa la ragione della Democrazia e dei principi costituzionali, un motivo sufficiente per sfidare una struttura tentacolare e apparentemente invincibile. Siamo negli anni ’70, epoca in cui i giornali fanno ancora la differenza condizionando l’opinione pubblica; ma siamo anche in pieno conflitto del Vietnam, con la protesta che infiamma le strade e la controculutra che minaccia i valori tradizionali e conservatori.
Ed è proprio sulla descrizione dello sfondo che il regista a tratti sembra perdere il film, imbarcando acqua ogni qual volta il sub-plot (la figlia di Felt scomparsa e ritrovata madre in una comune Hippie simpatizzante del movimento Weather Underground) si intreccia alla trama principale. Se il Felt poliziotto integerrimo ed eroico non arriva quasi mai a farsi personaggio emotivo, tanto è tutto d’un pezzo, il Felt padre sembra più preoccupato che la vicenda della figlia interferisca con la carriera. Nemmeno la suggerita anaffettività della moglie (Diane Lane) verso la figlia riesce a dare mordente al dramma familiare: troppo buttato lì, senza un reale approfondimento, con informazioni a margine sul pregresso che sono pure didascalie.
Rimane la focalizzazione del retroscena che certo ci mancava, un tassello importante di un puzzle che si compone di tanto altro cinema (mettiamoci Frost/Nixon – Il duello e pure Elvis & Nixon, già che ci siamo), un’ulteriore rappresentazione delle trame bieche che governano le amministrazioni, tra connivenze e convenienze che nulla hanno a che fare con la Cosa Pubblica e gli interessi dei cittadini, a cui Felt risponde con incontri clandestini nel chiuso di un’auto, in comunicazioni telefoniche in cabine sperdute, al tavolo di bistrot di periferia. Oggi sarebbe impossibile.
Vera Mandusich
The Silent Man
Sceneggiatura e regia: Peter Landesman. Fotografia: Adam Kimmel. Montaggio: Tariq Anwar. Musiche: Daniel Pemberton. Interpreti: Liam Neeson, Diane Lane, Maika Monroe, Ike Barinholtz, Michael C. Hall, Wendi McLendon-Covey, Josh Lucas, Marton Csokas, Noah Wyle, Kate Walsh. Origine: Usa, 2017. Durata: 103′.