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The Last Stand

Sommerton Junction è una sonnolenta cittadina sul confine messicano; la vita scorre tranquilla, fino a quando un pericolosissimo narcotraficcante, Gabriel Cortez (Eduardo Noriega), non evade di prigione per dirigersi a folle velocità verso la frontiera. Fortuna che a porre le barricate è rimasto lo sceriffo Ray Owens (Arnold Schwarznegger) con i suoi sgangherati aiutanti…

C’è un concetto assiomatico, ormai uso tra gli appassionati come tra chi scrive dell’argomento, secondo il quale un non-americano che si mette a fare cinema nella terra dello zio Sam non girerà mai pellicole per sé, ma soltanto per la produzione che le ha prepotentemente richieste e lautamente ricompensate. È il caso, l’ennesimo, di Kim Ji-Woon, coreano di fama e regista di rara bravura (ve li ricordate Two Sisters e A Bittersweet Life?) che, benché abbia più volte fatto sfoggio di baldo nazionalismo, alla prima trasferta a stelle e strisce ha rinunciato al vernacolo per farsi piuttosto vassallo di Lorenzo di Bonaventura. Chi è costui, appunto? Un principino ben pasciuto tra i lustrini e le odalische hollywoodiane, che manomettendo e lisciando una pessima sceneggiatura di Andrew Knauer, esordiente, ha prodotto un film ancor più assurdo del suo abbaruffato copione. Sì, perché del cinema coreano, asiatico o di qualsivoglia ulteriore contaminazione che potrebbe rientrare nell’empireo della settima arte, c’è ben poco, così come miserrimi, per certi aspetti, sono gli agganci con l’altrettanto imperscrutabile nozione di action.

In The Last Stand c’erano tutti gli ingredienti per fare un film alla Robert Rodriguez: (l’anti)mito della frontiera, le belle donne, lo spazio siderale del western e soprattutto un attore in formalina, Arnold Schwarznegger, in grado da solo di competere con i vari Steven Seagal e Danny Trejo. C’era tutto, vero, tranne l’anzidetto regista, e così The Last Stand sta all’action come il burro con la ferrovia, per dirla coi vicini elvetici, e cioè ci azzecca soltanto nella misura in cui lo spettatore percepisce l’odore del piombo e lo sfrecciare delle pallottole. Come se questo bastasse a fare di un film sparatutto un buon film sparatutto. Kim Ji-Woon dirige invece un’operetta stiracchiata e inerziale, costruita con tanti soldi e poco cuore, che si ingarbuglia in una trama minimale, pessimi brani musicali e che soprattutto risulta priva di scene particolarmente innovative.

Eppure The Last Stand ha qualcosa di simpatico e caciarone, che alla fin della fiera un sorriso sbilenco riesce pure a strappartelo. Schwarznegger che si ripara sotto un bus e spara attraverso il pavimento dritto nell’orecchio di Peter Stormare, tranciandolo di netto, è un gioiello sussultorio di grazia registica, così come l’inseguimento rocambolesco tra le pannocchie e il pestaggio sanguinolento di confine tra il retto tutore dell’ordine e il fuggitivo. Peccato siano soltanto alcuni saltuari spiragli di bellezza cinematografica, purtroppo incastonati tra battutacce indegne di un film serioso e personaggi comici, pedanti, abbozzati più utili ad annacquare uno sgarbato film per bambini che ad animare il sacro spirito dell’action. The Last Stand lo si guarda per principio, come in un ordinato pellegrinaggio alla tomba di Lenin: è un pezzo di storia, sottratta, imbalsamata e preservata da un passato che (per fortuna) non tornerà.

Marco Marchetti

The Last Stand

Regia: Kim Ji-Woon. Sceneggiatura: Andrew Knauer, Jeffrey Nachmanoff, George Nolfi. Fotografia: Ji-yong Kim. Montaggio: Steven Kemper. Musica: Mowg. Interpreti: Arnold Schwarznegger, Eduardo Noriega, Forest Whitaker, Peter Stormare, Jaimie Alexander, Génesis Rodriguez, Luiz Guzmán. Origine: USA. Durata: 107 min.

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