Di Jennifer Kent sappiamo poco, tranne che è australiana, molto brava e che Lars von Trier la volle come assistente durante la lavorazione di Dogville. The Babadook è il suo film d’esordio, vincitore di ben sette menzioni di una certa rilevanza (quattro agli AACTA Awards, una agli Empire e due al New York Film Critics Circle), e ci lavorano facce vecchie e nuove del cinema australiano. Tanto per cominciare la protagonista è Essie Davis, già presente negli ultimi due Matrix e moglie di Justin Kurzel, regista del piuttosto famoso Snowtown del 2011 e del prossimo Macbeth con Fassbender; Daniel Henshall, che del film di Kurzel era protagonista, qui si ritaglia il ruolo di comprimario, mentre il compositore è il solito Jed Kurzel, fratello del summenzionato, che ha di recente curato la colonna sonora di un’altra pellicola a lui conterranea, Son of a Gun con Ewan McGregor.
Il Babadook è un mostro che non c’è, o che esiste soltanto nelle fantasie malate di un ragazzino psicolabile (Noah Wiseman), fermamente convintosi della sua presenza dopo aver trovato un macabro libro di fiabe. Per questo trascorre le giornate inventando strani marchingegni di autodifesa, come una balestra che si trascina in giro per casa, tranelli e sotterfugi vari con cui spera di prendere in trappola la misteriosa creatura. Sua madre, la Davis, è una vedova con qualche problema economico, poca pazienza e un esaurimento nervoso incipiente, che non le lascia tregua, e che la sta consumando insieme alla follia del figlio. The Babadook è innanzitutto una pellicola di introspezione psicologica, che utilizza l’orrore di una presenza invisibile, una specie di uomo nero che vive negli armadi, come metafora di un orrore quotidiano ben più terribile e profondo, quello che coinvolge la famiglia e i rapporti affettivi a rischio di manipolazione. Il figlio è ossessionato dall’idea di un mostro che vede soltanto lui (almeno all’inizio), la donna che dovrebbe prendersene cura non riesce a comprendere come dietro queste fantasie morbose non ci stia nient’altro che il desiderio di attirare l’attenzione, di avere una figura paterna che ormai da troppo tempo manca nella sua vita. Sì, la storia dell’entità perversa che sbuca da sotto il letto, o che si rifugia dietro la porta dello scantinato, è tutta una scusa per dirigere una storia di ordinario squallore suburbano, non molto diversa da quegli eclatanti casi di cronaca nera che spesso capita di sentire per televisione. Folie à deux, direbbero gli esperti, la pazzia del figlio contamina la madre, e l’insofferenza della madre finisce per alimentare le paure del figlio in un rapporto autodistruttivo dove l’eventuale realtà del Babadook passa inesorabilmente in secondo piano. Come Le Horla di Maupassant.
L’idea di un mostro nato come canalizzazione delle pulsioni di un bambino insoddisfatto, o di un ambiente (la casa per esempio) che finisce per trasformarsi in una proiezione dell’inconscio infantile, non è certo cosa nuova nel cinema. Jennifer Kent lo sa, e infatti parte da un canovaccio abusato fino all’inverosimile per fare tutt’altro. Il “contorno” di The Babadook non è niente di che, una storia già vista inserita nella geometria narrativa di una buona sceneggiatura. Sapete, quei copioni appena piacevoli, che non stupiscono per le loro innovazioni ma sono comunque privi di cadute di stile. Il punto di forza che eleva prepotentemente la pellicola dalla mediocrità all’eccellenza è proprio l’esasperato realismo della messa in scena. Gli attori sono bravissimi, perché pensano alle loro parti come interpretazioni di due pericolosi casi clinici. Noah Wiseman, l’infante problematico, è la reincarnazione perfetta del bambino che nessuno vorrebbe avere: capriccioso, molesto, una faccia da schiaffi come se ne sono viste pochissime nella settima arte, capace di simulare un attacco isterico con la dovizia di particolari di un vero nevrotico. Da questo punto di vista, The Babadook è allora più simile a cose come L’inquilino del terzo piano (1976) o Possession (1981), film che lavorano sull’ambiguità del male, che lo sublimano in qualcosa di diabolico che proviene dal subconscio. Forse non incontrerà i favori del grande pubblico, ma difficilmente non si imbatterà negli elogi della critica.
Marco Marchetti
The Babadook
Regia e sceneggiatura: Jennifer Kent. Jennifer Kent. Fotografia: Radek Laczuk. Montaggio: Simon Njoo. Musica: Jed Kurzel. Interpreti: Essie Davis, Noah Wiseman, Daniel Henshall. Origine: Australia, Canada, 2014. Durata: 94′.