Teneramente folle è il titolo del film d’esordio di Maya Forbes, che ci racconta la storia di una madre (Zoe Saldana), costretta da ragioni economiche stringenti ad allontanarsi dalle figlie per frequentare un Master alla Columbia University, e di due bambine del Massachusetts, affidate per diciotto mesi alle cure di un padre affetto da disturbo bipolare. Certo, il titolo originale è un altro (il ben più sottile Infinitely polar bear, che gioca sul fraintendimento della figlia più piccola circa la malattia del padre), ma questo “teneramente folle” alla maniera italiana ci dice già moltissimo su un film che fatica a trovare una personalità. Un film che vorrebbe parlarci di follia, ma non osa, e si ferma sempre un passo prima, ripiegando sulla tenerezza. Un film che vorrebbe parlarci di malattia mentale e di come con la malattia mentale si possa imparare a convivere, ma che in realtà ci parla di un uomo un po’ strano, un po’ eccentrico, un po’ estroso, che impara a fare da padre e da madre a due bambine nel momento in cui vi è costretto e che, come tanti padri soli, incontra delle difficoltà. Indubbiamente Cameron Stuart (Mark Ruffalo) non è una persona “normale”, è una persona dai forti entusiasmi e dalle ire facili, ma alla fine i suoi entusiasmi non sono poi così eccessivi, né le sue crisi nevrotiche tanto violente: s’innamora di una bella giornata d’autunno, fuma in modo eccessivo, ogni tanto (ma solo ogni tanto) beve un po’ troppo, a un certo punto lancia addirittura una pentola, ma, al di là dell’episodio iniziale che spiega il temporaneo ricovero, la malattia di Cameron ci appare alla fine come un’ipersensibilità, un’iperemotività non sempre adeguata alle circostanze e un po’ anticonformista, ma che si guadagna tutta la nostra simpatia. Davanti a un uomo che si dice soffra di disturbo maniaco-depressivo, ci domandiamo alla fine dove sia la sua maniacalità, ma anche dove sia la sua depressione. Certo, va considerato che la storia è tratta dall’autobiografia della regista, quell’Amelia del film che, una volta cresciuta, ha deciso di raccontare al mondo la sua strana vita con un padre malato. E va quindi tenuto conto del fatto che lo sguardo è quello di una bambina che ama il proprio padre e che anche da adulta non sa rinunciare a un pezzo di questo amore per svelarci i lati più oscuri di una figura che non è disposta a compromettere fino in fondo. Ma il risultato di questa scelta è un film un po’ ozioso, un po’ statico, poco convinto, in cui diventa quasi difficile distinguere l’inizio dal finale, e che regge l’ora e mezza di proiezione soltanto grazie a degli attori comunque validi e soprattutto grazie al fascino e alla simpatia della figura di Cam. Certo, la tenerezza ci arriva tutta, quella di un padre che prova a fare il padre, ma che non riesce a rinunciare a giocare con le figlie e con i loro amici, ma se il titolo voleva suggerirci un ossimoro problematico, una tensione che merita una soluzione forse introvabile, di certo questa contraddizione non ci arriva: l’intenzione del film resta alla fine, purtroppo, soltanto un’intenzione.
Monica Cristini
Teneramente folle
Regia e sceneggiatura: Maya Forbes. Fotografia: Bobby Bukowski. Montaggio: Michael R. Miller. Interpreti: Mark Ruffalo, Zoe Saldana, Keir Dullea, Beth Dixon. Origine: Usa, 2015. Durata: 90′.