Qualcuno affermava che il meglio lo sforniamo entro i primi 35 anni di vita e che dopo sia un rimpasto di idee, al massimo un affinamento, variazioni su enunciati noti. Poi penso a Godard, a De Oliveira, e rifletto – rimpastando i miei enunciati – se effettivamente il loro cinema sia (sia stato per lo scomparso portoghese) una variazione su temi cari. A rivedere Film Socialisme o Adieu au lanagage mi viene da pensare a geni vivaci, che non smettono di sperimentare nuove traiettorie poetiche. A più di vent’anni da Underground (1995), apice di una filmografia che in quindici anni ha sfornato capolavori come Papà è in viaggio d’affari e Il tempo dei gitani, Emir Kusturica sembra incagliato in un guado da cui è difficile uscire.
On the Milky Road – Sulla Via Lattea poteva essere l’inizio di una fase matura, una riflessione a distanza sui temi cari al regista di Sarajevo, la distopia dell’ex Jugoslavia, l’impossibile linearità nel racconto della storia durante (e dopo) la guerra civile, la rappresentazione di un mondo dove, saltate le logiche, il quotidiano sembra un circo surreale senza centri gravitazionali, la conseguente riduzione a puro istinto delle relazioni umane, con uomini confusi con le bestie. Per questo On the Milky Road, poetica storia d’amore sullo sfondo degli ultimi fuochi di una guerra assurda, lasciava presagire un lirismo inedito, una composizione in versi innervata nella prosa caciarona e accumulativa che si era trasformata in pura energia e in esaltante vionarietà in Underground e, in parte in Gatto nero, gatto bianco. La poesia come corpo estraneo capace di metter ordine ai pasticci di vite disorientate dal conflitto, di sussurrare dove tutti sono abituati a urlare, di prendere vie aeree dove la terra esercita una forza invincibile fino a risucchiare l’intero creato. I presupposti c’erano tutti.
Kosta (interpretato dallo stesso Kusturica), a cavallo di un mulo e con un falchetto amico sulla spalla destra, percorre ogni giorno la linea di fuoco che separa fazioni contrapposte e che, forse, hanno dimenticato i motivi del conflitto. Ha il compito di rifornire di latte le guarnigioni. Pare un miracolato nel suo procedere nel centro del tiro incrociato. Di lui è innamorata Milena (Sloboda Micalovic), ex campionessa di ginnastica, che vive con la nonna e aspetta il rientro del fratello dal fronte. Lei vorrebbe sposare Kosta, che invece si innamora di una donna italo-serba (Monica Bellucci), promessa proprio al fratello di Milena. Cessate le ostilità, il giorno delle doppie nozze, un commando di soldati inglesi irrompe con l’intento di recuperare la donna, che era stata compagna di un militare dell’esercito di Sua Maestà. Lei fugge con Kosta e così apre un inseguimento via terra, acqua e… cielo.
Ad una prima parte in cui il regista eccede in tutto, inanellando situazioni grottesche che vorrebbero essere comiche senza riuscirci sempre, lontane dall’irriverenza ad esempio di Gatto nero, gatto bianco, e scopertamente simboliche (vedi l’orologio che non segna il tempo e si ribella alle donne che vorrebbero ordinarne i meccanismi); risponde una seconda parte, con la fuga della coppia, a tratti surreale, in cui attraversare i quattro elementi protetti dall’amore (che tutto rende possibile) significa preparare un futuro sereno dopo i disastri della guerra. Kusturica dirige se stesso per mettere ordine al caos; da accumulatore compulsivo cerca una via di fuga nella poesia, ma ancora una volta non resiste alla tentazione di sovraccaricare ogni inquadratura in ogni scena in ogni sequenza, trasformando la corsa di Kosta e consorte in un campionario di ostacoli, evocando i racconti biblici e i poemi omerici, preoccupato più che del concetto di costruire visioni. E dopo una sarabanda estenuante, chiude in un finale che è forse la parte più bella del film, quando finalmente Kusturica, regista e personaggio, trova requie in una penitenza catartica che ricorda il monaco di Kim Ki-duk in Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera.
Ecco, forse se Kusturica ripartisse da questo finale, arriverà il capolavoro della maturità, un film meno programmatico (e senile), in cui sopravvivono gli echi delle follie giovanili, simbologie ancestrali appena evocate, uno sguardo lucido sul presente, a quasi vent’anni dal sanguinoso conflitto. Quella fattoria strapiena di animali impazziti, musicisti alcolizzati, donne con Kalašnikov e truffatori con denti dorati ormai la conosciamo. Se il tempo non è passato invano, non sarebbe ora di dargli una ripulita?
Alessandro Leone
On the Milky Road – Sulla Via Lattea
Sceneggiatura e regia: Emir Kusturica. Fotografia: Martin Šec, Goran Volarević. Montaggio: Svetolik Mica Zajc. Musiche: Stribor Kusturica. Interpreti: Monica Bellucci, Emir Kusturica, Sloboda Micalovic, Sergej Trifunovic, Bajram Severdzan. Origine: Serbia/GB/USA, 2016. Durata: 125′.