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Storia di una ladra di libri

storia locaDal trailer sembrava un film mieloso, una specie di Spielberg scoreggione che andava a nozze con un Hugo Cabret d’annata e dal sapore agrodolce. Ma le apparenze sovente ingannano. In questo lavoro sul nazismo, diretto da un mestierante televisivo britannico di nome Brian Percival, c’è molto più sulla guerra e sulla barbarie hitleriana di tanti altri prodotti concepiti appositamente per un pubblico adulto. Sempre che Storia di una ladra di libri, tratto dall’omonimo bestseller di Markus Zusak, si possa poi definire un’operazione commerciale per ragazzini e adolescenti. No, un ragazzino si spaventerebbe di fronte a un film così tenero e complesso, dove il dolore esplode fuori scena, la violenza è onnipresente ma (quasi) mai inquadrata, e i morituri muoiono con la compostezza formale di un rituale sacro. Un ragazzino cresciuto a computer e film d’azione si spaventerebbe proprio per la sua mancanza di pornografia, proprio come la intendeva Rivette nel suo celebre j’accuse indirizzato a Gillo Pontecorvo, per il modo in cui il regista svuota uno dei periodi storici più odiosi del ventesimo secolo dal suo corredo di simboli, di banalità, di cliché sedimentati, abusati, ingigantiti. Anzi, l’intero film sembra una rappresentazione incredibilmente fedele del celebre aforisma di Brecht: “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari. E fui contento perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei. E stetti zitto perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato perché erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non era rimasto nessuno a protestare”. Straordinario, vero?_U5B7128March 28, 2013.cr2

È proprio la scomparsa, allora, il tema portante del film, quella degli amici e dei famigliari di Liesel (Sophie Nélisse), una tredicenne abbandonata dalla madre, che cerca disperatamente di riempire questo vuoto ineluttabile di valori rubando i libri che le persone si lasciano dietro: prima il volume sull’arte funeraria perduto dal becchino che ne seppellisce il fratello, quindi quelli di un’aristocratica che l’accoglieva nella sua biblioteca, prima che il marito, dirigente nazista, non la cacciasse da casa. Siamo alla vigilia della guerra, la piccola Liesel vive in un paesino della Germania, adottata dalla famiglia Hubermann (Geoffrey Rush e Emily Watson), rude ma buona lei, gentile e accomodante lui. Ha pure un amichetto della sua età, Rudy (Nico Liersch). Sembra che tutto vada per il meglio, le svastiche e gli inni hitleriani sono soltanto svastiche e inni, ma quando nella piazza del paese gli ufficiali nazisti organizzano un gigantesco falò di libri proibiti, non molto dissimile da quello che aveva infiammato di vergogna la Bebelplatz berlinese pochi anni prima, la giovane deve decidere da che parte stare. Da quella dei libri, naturalmente, a partire da una copia de L’uomo invisibile di H.G. Wells recuperata sotto i tizzoni ardenti. Presto le cose si complicano, i bagliori della guerra incendiano l’orizzonte, e gli apolitici Hubermann, per riparare un vecchio favore di guerra, danno asilo all’ebreo Max (Ben Schnetzer), una delle numerose vittime della famigerata Kristallnacht.

storia 3Sono diverse le critiche che qualcuno potrebbe muovere a questo film, a partire dal didascalismo fino ad arrivare all’eccesso di buoni sentimenti che in un certo senso animano la giovane protagonista; eppure la sceneggiatura di Michael Petroni (quello de Il rito, 2011) non cade mai nel patetico, e l’idea che ne emerge è semmai quella di una nera fiaba per adulti, dove la preservazione dei libri, e quindi della memoria collettiva, del sapere e della cultura, è l’espressione più genuina dell’innocenza (perduta) di una ragazza, l’unico modo che ella ha per comprendere e decifrare gli orrori inspiegabili che la circondano. L’accuratezza che il regista profonde nella sua pellicola è davvero notevole, a partire dai coltissimi riferimenti alla storia, come il record olimpionico di corsa che permise all’afroamericano Jessie Owens di strappare la vittoria agli atleti “ariani”, con grande scontento di Hitler che si rifiutò di stringergli la mano perché ritenuto di razza inferiore. Non c’è un solo elemento lasciato al caso: all’inizio del film Liesel è analfabeta, sottrae i libri senza capirne il significato, ma paradossalmente impara a conoscere il valore dell’istruzione proprio in un periodo in cui i libri vengono bruciati. Il giudeo Max ha con sé un libello di regime, che vediamo entrare in scena più volte senza comprenderne la motivazione; almeno fino a quando il giovane non lo donerà alla ragazzina dopo averne sbianchettato le pagine per trasformarlo in un diario: Liesel impara a leggere mentre nel mondo divampa l’ignoranza, Max cancella l’incultura del regime trasformando i suoi esecrabili prodotti ideologici nelle pagine vergini che la sua amica potrà riempire di parole, pensieri e sentimenti.storia 1

Storia di una ladra di libri è un melodramma storico, tra l’altro candidato agli Oscar per la colonna sonora di John Williams, che comunica la follia del nazismo, e l’importanza della libertà, della conoscenza e del sapere, in modo garbato ma potente, crudele e pieno di macabri riferimenti. Ci saranno delle ingenuità, e allora? Per fortuna non è un film con Tom Hanks. È volutamente fanciullesco? Non preoccupatevi, non è Tim Burton. Storia di una ladra di libri è una grande, elegantissima Totentanz ambientata in una Germania da fine impero, dove i morti ballano insieme ai vivi, e i vivi pregano per i loro morti.

Marco Marchetti

Storia di una ladra di libri 

Titolo originale: The Book Thief. Regia: Brian Percival. Sceneggiatura: Michael Petroni. Fotografia: Florian Ballhaus. Montaggio: John Wilson. Musica: John Williams. Interpreti: Sophie Nélisse, Geoffrey Rush, Emily Watson, Nico Liersch, Ben Schnetzer. Origine: USA, Germania. Anno: 2013. Durata: 131 min.

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