Strabiliante. Un’emozionante avventura a fumetti cinematografica in 2D ma con le profondità del 3D, disegnata e colorata come non si era mai visto prima, animata in una convergenza di stili che non stride mai, non pasticcia e, soprattutto, è giustificata dal racconto. Questo passa dal cervello ancora caldo appena dopo la proiezione di Spider-Man: un nuovo universo. E a dire il vero un po’ si fatica a riordinare razionalmente le idee per dare corpo (scritto) a un’esperienza difficile da raccontare senza semplificare il testo cinematografico. Troppo entusiasmo? Forse. Accade quando entri in sala senza aspettative e ti ritrovi di fronte a un’opera sorprendente. La firma di Phil Lord garantiva, ma sarebbe bastata a mettere tre registi (3!) nelle condizioni di riportare ancora una volta su grande schermo Spider-Man senza cadere nella trappola dell’ennesima bizzarria narrativa da multiverso? Ebbene, Bob Persichetti, Peter Ramsey e Rodney Rothman dirigono un film d’animazione che, rifacendosi all’universo animato “Ultimate” e alle avventure del “Ragnoverso” pubblicate in Italia nel 2014, riparte dalle origini dell’uomo ragno per toccare i punti salienti di un’odissea a fumetti che ha più di sessant’anni, ma guardando al presente e, per di più, senza l’obbligo della coerenza narrativa con i precedenti cinematografici (spesso operazioni inutili). Certo siamo appunto in Ultimate e la vicenda è quella di un adolescente ispanico, Miles Morales (creato nel 2011 – in epoca obamiana – da Brian Bendis), che vive a Brooklyn nel mondo di Spider-Man, adora il supereroe e ne legge le avventure romanzate sugli albi a fumetti. Quando verrà morso da un ragno, mentre con lo zio (che avrà un ruolo non secondario) sta dando sfogo alla sua propensione per la street-art, la sua vita cambierà, soprattutto quando il vero uomo ragno rimarrà ucciso in un’imboscata organizzata dal nemico storico Kingpin (ben noto anche agli estimatori di Daredavil e di Punisher). Il grassissimo villain intende aprire un varco spazio-tempo con l’aiuto di Octopus (Lady Version) per riportare in vita la moglie Vanessa e il figlio persi anni prima. L’esperimento sconquassa non poco il piano temporale dei newyorkesi e catapulta nel presente di Miles altri cinque campioni spidermen: uno più vecchio di dieci anni, una Spider-adolescente, una bambina giapponese che combatte in un ragno robot, un uomo ragno in bianco e nero che vive negli anni 30 e quindi non vede i colori, il porcellino dei Looney Toones con buffa tuta ragnesca e molto “slapstick”. Questo super gruppo multietnico si allea ovviamente per scongiurare una nuova apertura del varco che metterebbe a rischio il mondo intero, ma per Miles ci sono anche altri problemi: un padre protettivo, la sua identità segreta, un’autostima che barcolla.
Racconto di formazione, trama già sentita. Ma la forza del film co-sceneggiato da Chris Miller e appunto da Lord sta nella capacità di trascendere gli stereotipi ironizzando sugli archetipi del genere e, soprattutto, creando, con registi e animatori, un impianto visivo magnifico, in oscillazione perfetta tra moderne tecniche CGI e tradizione, sfruttando al massimo le possibilità dell’animazione pura in 2D, a dimostrazione che un intreccio scontato può diventare un terreno fertile per invenzioni narrative e grafiche: così Spider-Man: un nuovo universo riesce a tirare dentro in maniera naturale il leggendario Steve Ditko, l’umorismo di Stan Lee, la psichedelia dei primi anni 70, i retini puntinati e piatti, l’ipercinetismo di McFarlane senza i barocchismi, con un occhio ai manga e addirittura all’hard-boiled; infine, nel momento più lirico, si impone la pittura di Bill Sienkiewicz, che con Daredavil: Amore e Guerra aveva firmato la più grande opera pittorica che un fumetto Marvel ricordi, graphic novel del 1986 che vedeva protagonista negativo Kingpin e la sua sfortunata moglie. Per questo quando il criminale tenta di sfondare le barriere del reale per ritrovare i suoi cari perduti in un altrove parallelo, moglie e figlio ricompaiono per pochi istanti, come ectoplasmi persi nel sogno di qualcun’altro, disorientati, dipinti alla maniera del grande Sienkiewicz.
Sembra un trattato sul fumetto Un nuovo universo e dagli albi – più volte sfogliati da Miles – esplodono i puntini della texture, le onomatopee, i pensieri nei box rettangolari sulle immagini, in un processo circolare che dal fumetto invade il film per tornare nel fumetto, a complicare una storia che potrebbe tranquillamente essere un viaggio mentale del protagonista, il sogno di un adolescente incompreso (ricorda Takeshi di Big Heros 6) che si identifica nel suo eroe per evadere la realtà, o semplicemente per eludere la fragilità umana con l’ennesima allegoria pop sui superpoteri.
Da non perdere la sequenza splendida dei titoli di coda.
Alessandro Leone
Spider-Man: un nuovo universo
Regia: Bob Persichetti, Peter Ramsey, Rodney Rothman. Sceneggiatura: Phil Lord, Rodney Rothman. Musiche: Daniel Pemberton. Origine: Usa, 2018. Durata:117′.