Siamo infine giunti alla parte prima del terzo ed ultimo episodio della notissima saga action-fantasy degli Hunger Games. Questa volta il regista Francis Lawrence si trova a dover rielaborare un materiale narrativo sicuramente più sviluppato sul piano introspettivo che su quello dell’azione, il che rende questo capitolo se non proprio noioso, almeno non eccessivamente avvincente. Non ne abbia a male l’autrice letteraria Suzanne Collins, ma l’assenza dell’arena e degli Hunger Games veri e propri si sente. In questa nuova avventura infatti la protagonista Katniss (Jennifer Lawrence) si ritrova a dover superare il trauma degli ultimi giochi nella loro assurda brutalità, a doverlo fare nella prigionia del tredicesimo distretto e con l’amato Peeta (Josh Hutcherson) nelle mani dei suoi temibili avversari. Trovare la forza per ricominciare a lottare sembra impossibile, anche quando la militare Alma Coin le chiede di diventare il volto della nascente rivolta che potrebbe portare alla definitiva caduta di Capitol City. Tutta la narrazione viene quindi sviluppata sulla ricerca delle motivazioni della Ghiandaia Imitatrice, nome di battaglia di Katniss, che deve fare chiarezza su dove si trovi il confine tra ragione collettiva e privata.
Il film è poco efficace, non tanto per la storia in sé, quanto per la recente deontologia hollywoodiana che impone ai registi di trarre il maggior numero di film possibile da un best seller di successo, quasi come se il pubblico fosse una poderosa mucca da mungere finché, poverina, non stramazza sfinita al suolo. Francis Lawrence è un regisra imbarazzato nella costrizione di dilatare un libro con poca azione in due prodotti cinematografici da due ore. Fa davvero del suo meglio, anche considerando che ha lo straordinario e triste privilegio di essere l’ultimo a poter dirigere quel genio della recitazione che era Philippe Seymour Hoffman, ancora presente nei panni di Plutarch Heavensbee e che vedremo anche nella chiusa della saga in uscita l’anno prossimo. Si affianca a lui la bravissima Julianne Moore, che interpreta la presidentessa del Distretto 13 con algida caparbietà. Insomma, qualcosa di buono ancora rimane nell’adattamento di una trilogia estremamente complessa sul piano tematico.
Grande merito di Hunger Games è quello di aver saputo creare un’eroina atipica rispetto al panorama degli ultimi anni. Esattamente agli antipodi rispetto alla passiva Bella di Twilight, Katniss è il perno centrale attorno al quale ruota la narrazione. I personaggi maschili sono quindi elementi satelliti che sono mossi a seconda delle scelte compiute dalla protagonista, spesso costretta ad azioni difficili e dalle quali emerge sempre un’esigenza pratica molto più potente rispetto a quella emotiva. Perché è proprio questo argomento che Hunger Games cerca di trattare: il vivere dentro una dittatura, accettarla silenziosamente finché non comincia a coinvolgerci personalmente fino a costringerci a combattere per sopravvivere. Ma se la guerriera si stancasse di lottare, non riuscendo più a comprendere le cause che hanno determinato l’esistenza stessa della battaglia? Attorno a questo snodo concettuale si sviluppa la terza parte del racconto. Katniss viene spinta a creare un’estetica del trionfo attraverso degli incessanti video promozionali (di propaganda), mentre nel buio della sua camera la mente vacilla ed i filmati dei suoi avversari le dimostrano, attraverso il volto del suo compagno, che ha già perso la battaglia più importante. La guerra a colpi di propaganda rappresenta la radice del lavoro di Suzanne Collins, che a più riprese ha dichiarato di aver avuto l’idea mentre, facendo zapping in televisione, scorrevano immagini della guerra in Iraq e di un reality show.
Da questi fotogrammi sociali nasce la storia della novella amazzone Katniss, motivo per la quale la saga di Hunger Games costituisce un interessante fenomeno d’intrattenimento che merita comunque uno sforzo interpretativo.
Giulia Colella
Hunger Games – Il canto della rivolta (parte I)
Regia: Francis Lawrence. Sceneggiatura: Danny Strong. Fotografia: Jo Willems. Montaggio: Alan Edward Bell, Mark Yoshikawa. Interpreti: Jennifer Lawrence, Josh Hutcherson, Julianne Moore, Philippe Seymour Hoffman. Origine: Usa, 2014. Durata: 123′.