Le vicende che cambiarono lo storia del Cile e del Sud America agli inizi degli anni 70 sono note, non solo perché sono state raccontate da cineasti, scrittori, musicisti, ma perché il nostro paese ha avuto un ruolo importante nei giorni immediatamente successivi al rovesciamento del governo Allende. Nanni Moretti racconta quale fu il ruolo dell’Italia in un documentario che idealmente completa l’opera titanica di Patricio Guzmán, che con la trilogia La battaglia del Cile (1975, 1977, 1979, film girati quindi subito dopo l’insediamento di Pinochet) e con il bellissimo Salvador Allende (2004, edito da Fandango) aveva fatto luce sulle ragioni storiche – conflitto sociale, interessi economici, ingerenze estere e spauracchio ideologico – che avevano prima alimentato il sogno socialista di Allende e poi generato la sua violenta destituzione.
Lontano dallo stile di Guzmán, con Santiago, Italia Moretti propende per asciugare il racconto, utilizzando poco archivio a vantaggio di una narrazione plurale: intervista chi fu coinvolto a vario titolo negli eventi del settembre 1973, perché marxista sostenitore del Presidente o perché parte della macchina militaresca che sequestrò e torturò migliaia di persone, molti giovanissimi, per estorcere delazioni. Una corale che si fa testimonianza mai retorica, rievocando prima l’euforia per la realizzazione di un sogno, poi l’angoscia dei bombardamenti sul palazzo del parlamento, le epurazioni, i giorni dello stadio fatto prigione, le vessazioni, le morti, le fughe disperate verso le ambasciate estere. Moretti è abile nell’interlocuzione, tenendo sempre l’equilibrio tra racconto storico e restituzione emotiva, senza nascondersi dietro la macchina da presa e prendendo decisamente posizione, come quando confessa apertamente a un ex torturatore di essere di parte, di aver chiare le ragioni dei golpisti ma di condividere quelle di chi aveva creduto nel progetto del primo marxista eletto democraticamente in un paese delle tre Americhe. Insegnanti, artigiani, giornalisti, artisti, religiosi, diplomatici innestano le loro testimonianze nelle vicende terribili del loro paese, a volte sulle immagini fotografiche e filmate dell’11 settembre cileno, il più delle volte incorniciati in un contesto ordinario, come a rimarcare quanto la distanza temporale e geografica non abbia intaccato la memoria. E si parla a proposito di distanza geografica per molti degli intervistati, perché il regista i testimoni dei quei mesi bui di repressione li va a scovare in Italia, paese che quarantacinque anni fa accolse le persone che trovarono rifugio nella nostra ambasciata a Santiago.
Il film si fa interessante proprio nella seconda metà, quando si capisce che Moretti non intende ripercorrere le fasi del golpe per raccogliere prove contro l’aberrante idea della dittatura, ma, da una costola di quella storia conosciuta, riportare un racconto meno noto che ha visto i nostri diplomatici difendere i richiedenti asilo che scavalcavano le mura dell’ambasciata rischiando la pelle, di notte ma anche di giorno, a volte con bambini molto piccoli. Lo aveva raccontato anche Emilio Barbarani nel suo avvincente libro Chi ha ucciso Lumi Videla? (Mursia, 2012), ex ambasciatore in Cile che all’epoca aveva poco più di trent’anni e che riuscì a mettere in salvo decine di cileni sfidando la DINA. Lumi Videla appunto. Anche l’agghiacciante storia di Lumi affiora nel film: è un attimo che rimane indelebile, la fotografia dell’attivista morta nel giardino dell’ambasciata, scaraventata dalla polizia segreta probabilmente, con l’intento di imbastire un ridicolo complotto contro i diplomatici italiani accusati di aver permesso orge in ambasciata e l’uccisione di una donna.
Moretti, che si è sempre identificato con le sue storie, non si tira indietro nemmeno questa volta, dichiarando non solo – come detto – una posizione ideologica, ma per affermare che la propensione degli italiani è sempre stata l’apertura solidale, l’accoglienza senza calcoli, e che, ad aprire le orecchie sul presente, risulta sconcertante la voce popolare che dichiara guerra agli invasori africani. Un’anomalia astorica? Non sarà forse che Santiago del Cile in Sud America era semplicemente una favola più avvincente delle disperazioni africane?
Alessandro Leone
Santiago, Italia
Sceneggiatura e regia: Nanni Moretti. Origine: Italia, 2018. Durata: 80′.