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Room(s), la stanza dentro, la stanza fuori

room-movie-fiveIl piccolo Jack compie cinque anni e festeggia con la sua mamma, che chiama semplicemente Ma’. Madre e figlio però (Brie Larson e Jacob Tremblay) vivono isolati in un capanno blindato, uno spazio, che loro chiamano semplicemente “stanza” (la room del titolo), di 3×3 metri con un finestrino al soffitto. Lei, sequestrata da un maniaco sette anni prima, violentata più volte, ha poi concepito Jack, che ha voluto crescere, nonostante i limiti della prigionia. Ma’ fa credere al figlio che il mondo sia tutto in quella stanza da cui filtra la pallida luce dell’esterno e che in televisione sia rappresentato un cosmo illusorio, che si concretizza di tanto in tanto in Old Nick, l’aguzzino che Jack può guardare solo dalla fessura di un armadio. Quando però Ma’ racconta a Jack la verità, diventano complici di una fuga che li riconsegnerà al mondo reale, provocando non pochi traumi ad entrambi.
Sceneggiato da Emma Donoghue, già autrice del romanzo Stanza, letto, armadio specchio room-ROOMda cui il film è tratto, Room è due film insieme: il primo ambientato nel capanno/prigione; il secondo fuori dalla stanza, quando la coppia madre/figlio dovrà riadeguare il sistema di relazione che aveva trovato un senso nei confini ristretti della stanza e nel mondo immaginario concepito da Ma’. Una scelta per nulla scontata quella del regista Lenny Abrahamson, già autore del sottovalutato Frank, commedia stralunata in cui Michael Fassbender recitava per tutto il film con una maschera. A dire il vero, materiale per un film claustrofobico girato in un solo piccolo interno ve ne era abbastanza; bisognava tradire in parte il testo di partenza per tenere fisso il focus sul rapporto a due, di tanto in tanto disturbato dalla presenza dell’orco, e scandagliando la psicologia della giovane madre. A metà invece, quando lo spettatore esce con Jack dalla stanza e, durante la fuga disperata, guardi “il fuori” in soggettiva con gli occhi del bambino, il film sembra all’epilogo: il piccolo è libero, le volanti scovano Old Nick e Ma’ può riabbracciare i genitori. Qualcosa però manca, quel rapporto fatto di giochi semplici, di racconti stravaganti, di immagini televisive, di insegnamenti a misura di stanza, deve ancora misurarsi con la verità del mondo esterno. L’abbandono della stanza apre così il secondo atto. Per Jack, che ha affrontatao “il bosco” e salvato la mamma, inizia una nuova nascita, la scoperta che esistono persone vere da abbracciare, cani da accarezzare, gelato da mangiare freddo, bambini della sua stessa età: un pianeta aperto e non più centralizzato sulla sola figura materna. Per Ma’ è al contrario il paradosso della crisi post-traumatica, la necessità di accogliere sette anni di storia familiare che non ha atteso il suo insperato ritorno in vita. La scatola chiusa ha ridotto la sua libertà, divenendo però teatro di uno sdoppiamento – in Jack – che l’ha trasformata da adolescente in donna; la nuova scatola, seppur articolata in ambienti e spazi diversi, aggredisce con la carica di inquietudini che l’esistenza propone giornalmente e che minaccia la simbiosi totale con il figlio. Finita la fiaba gotica, ora inizia la vita.


Abrahamson riesce a scandagliare il ventaglio emotivo dei due protagonisti e dei comprimari, aiutato dalla perfetta Brie Larson (meritatamente premiata con l’Oscar), ma troppo spesso pare arrendersi alla confezione di un film che ha l’obbligo di arrivare al grande pubblico, optando dunque per la voice over del piccolo Jack, a tratti superflua, e di una colonna musicale sin troppo enfatica, eccessiva negli snodi narrativi. La sensazione è che avrebbe giovato un testo più asciutto, più incline a sottintendere che a riferire (anche se quando tenta di farlo riesce in parte, vedi la figura del padre debole), lasciando alle immagini e a quelle sole (pur potenti fino alla fuga) il compito di rendere questa vicenda di resilienza una esperienza emozionale, senza il sospetto costante del ricatto emotivo.

Vera Mandusich

Room

Regia: Lenny Abrahamson. Sceneggiatura: Emma Donoghue. Fotografia: Danny Cohen. Montaggio: Nathan Nugent. Interpreti: Brie Larson, Jacob Tremblay, Joan Allen, Sean Bridgers, William H. Macy. Origine: Irlanda, 2015. Durata: 118′.

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