Nella penultima giornata di Festival viene presentato alla stampa un film di nazionalità inglese e spagnola. Another me è un film incastrato tra lo psicothriller adolescenziale ed un horror per principianti. Fay è una ragazza che viene sconvolta dalla malattia degenerativa del padre. Come se non bastasse, a minare il suo equilibrio mentale arriva una presenza, a lei assolutamente identica, che interviene sempre più pesantemente nella sua vita. La ragazza vive con paura e chiedendosi se sia pazza, ma una scomoda verità viene a galla cambiando tutte le sue certezze. Ora, bisogna dire che il film sembra voler scimmiottare un po’ il tema proposto dal Cigno nero, infatti la protagonista viene scelta per interpretare il complesso personaggio di Lady Macbeth. Peccato che questa pellicola non abbia la capacità di creare una forte ragione di angoscia, un po’ perché in realtà il fastidioso fantasma che tormenta la protagonista risulta davvero innocuo e non particolarmente pericoloso allo spettatore, ma il principale difetto dell’opera è quello di lasciare tutte, ma proprio tutte, le spiegazioni a dialoghi molto innaturali e a situazioni davvero al limite del ridicolo. Isabel Coixet prova a costruire una situazione da horror, ma se a questo genere si toglie il pericolo e la paura, ciò che ne rimane è un ibrido davvero poco sensato. Per esempio, la giovane protagonista non si trova mai a dover lottare per la propria esistenza, semplicemente prende atto della presenza di un fantasma, della causa che lo spinge a tormentarla e continua la sua vita come se nulla fosse. Poco serve a questo film vantare nel cast stelle del calibro di Geraldine Chaplin (la mefistofelica e profetica vicina di casa) e Jonathan Rhys Meyers, nei panni di un aitante professore di teatro. A questa pellicola manca davvero un cuore tematico, chissà magari la prossima intuizione sarà migliore.
Porta invece giovani e meno giovani nelle sale dell’auditorium il nuovo capitolo della saga di Hunger Games, presentato fuori concorso in anteprima al Festival. Nel nuovo episodio della trilogia (intitolato in italiano La ragazza di fuoco) la protagonista, Katniss, deve pagare il pegno per aver trionfato con la forza della bontà agli ultimi Hunger Games. In un mondo soffocato da una dittatura fantascientifica, il gesto di Katniss viene interpretato come un’invocazione alla ribellione. I centri di potere si devono allora ingegnare su come eliminare la ragazza senza dare troppo nell’occhio. Proprio per questo vengono organizzati dei nuovi Hunger Games che vedono protagonisti tutti i vincitori delle precedenti edizioni. Questo film, diretto da Francis Lawrence, riesce ancora a miscelare una tematica sociale e politica con l’intrattenimento, anche se il rischio era quello che il prodotto perdesse un po’ di smalto. Fortunatamente il regista trova una narrazione così forte da non intaccare eccessivamente la qualità dell’opera. Partendo dal romanzo di Suzanne Collins, il film imposta un ragionamento su come i centri di potere tentino strenuamente di difendersi a qualunque costo e come, a volte, non basti più uno scudo protettivo mediale per interrompere il corso degli eventi. Un fantasy che non si accontenta di risultare godibile, ma che propone alle masse temi complessi. Un po’ quello che è avvenuto con la saga di Batman di Cristopher Nolan, dove si sentiva l’urgenza di portare Gotham City nel mondo reale. Con Hunger Games è un’arena con all’interno una giungla ad imporsi nella nostra riflessione sulla società moderna. Assieme ai vecchi protagonisti Jennifer Lawrence e Josh Hutcherson, si inseriscono Philip Seymour Hoffman, Liam Hemsworth e acquista spazio il personaggio di Snow, interpretato da Donald Sutherland. La ragazza di fuoco chiude con stile il ciclo del cinema da ‘cassetta’ presentati all’ottava edizione del Festival del Cinema di Roma.
da Roma, Giulia Colella