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Reversal – La fuga è solo l’inizio

rever locaBuio, sporcizia, sudore. È più o meno tutto quello che percepiamo all’inizio di questa piccola pellicola indipendente, una cantina, due ragazze prigioniere da chissà quanto, una morta e l’altra ancora viva, un carceriere che di tanto in tanto scende ad abusare di loro. Un giorno la sopravvissuta (Tina Ivlev) prende un mattone e stordisce l’uomo che l’ha torturata. Vorrebbe scappare ma non può. Vorrebbe correre dalla polizia a denunciare l’accaduto, ma non ci riesce. La verità è che quel mostro terribile ha rapito molte altre ragazze e le tiene nascoste in luoghi diversi: se la giovane andasse alla polizia, egli si rifiuterebbe di confessare i propri crimini, facendo morire le sue vittime di una lenta agonia. Cioè di fame…

Bello, interessante, piacevole. Reversal – La fuga è solo l’inizio, che poi non è altro che la macchinosa traduzione dell’altrettanto macchinoso Bound to Vengeance, è uno di quei filmetti da cui ti aspetti poco o niente, e che invece ti lasciano quasi di stucco. D’accordo, non è una di quelle rivelazioni che ti strizzano le palle per farti urlare di piacere, ma insomma fa la sua bella figura in una piovosa serata di pop corn e rutto libero. Il rever1regista è un certo José Manuel Cravioto, messicano alle sue prime serie esperienze oltreconfine, che ricicla a man bassa tutte le idee scartate da Saw e ne prepara un bel paciugo a base di carne umana e succo all’emoglobina. Il genere è quello lì, rape and revenge piuttosto spinto, ma semplificato rispetto ai più nobili epigoni, ridotto alle sue forme minimali e forse un po’ ingenue. Non è un difetto, l’importante è essere coerenti con se stessi: Reversal non ha grandi pretese eppure è elegante, non vuole essere il thriller dell’anno e infatti non lo è, pesta duro ma senza la complessità linguistica di quelle pellicole “ad incastro”, tutte infarcite di flashback peggio che la maionese sul pollo arrosto.

rever2Il risultato è un horror vecchia scuola che tiene inchiodati alla poltrona per gli ottanta minuti tirati del suo metraggio: nessun approfondimento psicologico, nessun arzigogolo freudiano sulla relazione vittima carnefice, pochi ma efficaci twist che riescono sempre a catalizzare l’attenzione dello spettatore. Non è poco, e su questo Cravioto è un maestro. La sua è suspense onesta e pulita, sai dove va a parare e te ne feliciti. Di fronte a un panorama cinematografico ormai saturo di baggianate assemblate al mercatino dell’usato, una pellicola appena un po’ più strutturata resta l’ideale per rilassare la muscolatura. Non aspettatevi un capolavoro, ma un’equilibrata variazione a tema.

Marco Marchetti

Titolo originale: Bound to Vengeance. Regia: José Manuel Cravioto. Sceneggiatura: Rock Shaink Jr., Keith Kjornes. Fotografia: Byron Werner. Montaggio: Jorge Macaya. Musica: Simon Boswell. Interpreti: Richard Tyson, Tina Ivlev, Amy Okuda. Origine: USA, 2015. Durata: 80′.

https://www.youtube.com/watch?v=PYzHQbb5zFI

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