Belgio. Pericle lavora per un boss camorrista, un immigrato come tanti nel paese che fu meta di tanti italiani nel secolo scorso. Pericle fa letteralmente “il culo” a chi sgarra, senza pensarci troppo, senza cogliere gli sfottò di qualche rozzo affiliato: intontisce le sue vittime con un sacchetto pieno di sabbia, abbassa loro i pantaloni e li sodomizza, utilizzando il suo corpo come oggetto di offesa, a comando. Quando Don Ciccio gli ordina di punire un sacerdote troppo zelante, Pericle incappa nella sorella di un boss rivale. Lei lo riconosce, lui la colpisce; lei cade a terra apparentemente morta, lui scappa via. Braccato dagli uomini del boss e non potendosi fidare neanche di Don Ciccio, che aveva assicurato protezione alla donna, Pericle fugge a Calais, in Francia, dove conosce Anastasia. Con lei intravede una possibile alternativa alla sua squallida vita. Si affeziona ai suoi due bambini e tenta di ricambiare l’amore di Anastasia. Nascondersi però è difficile, così Pericle decide di tornare in Belgio e di sistemare le cose con Don Ciccio.
Pericle il nero, film di Stefano Mordini presentato a Cannes 69 nella sezione Un certain regard, ispirato al romanzo omonimo di Giuseppe Ferrandino (pubblicato da Adelphi), è un noir cupissimo, soffocante. Ma più che un film sulla camorra e i suoi soldatini obbedienti, figli del degrado e dell’ignoranza, è la storia di un uomo-ragazzino privato di ogni affetto, che scopre l’amore fuori dagli ingranaggi di un paesaggio emotivo nullo e dalle infatuazioni erotiche per donnine volgari. Pericle, strumento di offesa e umiliazione, capace di erezioni a piacimento per “spaccare il culo” agli infami o, così da arrotondare, per “recitare” in film porno, è disarmato di fronte a una relazione autentica che non lo costringa agli automatismi di una macchina oscena.
Scamarcio interpreta in maniera intensa questo personaggio triste, apatico, un dormiente ridestato. La trasformazione non è eclatante, giustamente compressa nei margini imposti dal contesto. La fuga per Pericle non è solo scoperta di un altro mondo, ma occasione per fare chiarezza con la sua storia personale: una madre incappata nelle spire mafiose degli immigrati in Belgio, un padre da identificare, l’onore da difendere dalla vergogna, le trame di Signorina, la sorella del boss che crede di aver ucciso e che invece è viva e malefica. Pericle, un uomo solo contro tutti, tenta di fare pulizia e di vendicare tutti i tradimenti subiti nella sua vita.
Mordini è bravo a cospargere la sua trama di nebbia, a togliere certezze al suo protagonista, a confonderlo – e noi con lui – togliendogli punti di riferimento, a disorientarlo di fronte all’impianto crollato. Se tutta la prima parte funziona a meraviglia, con i silenzi interrotti dal modesto ma credibile flusso di coscienza di Pericle, è il finale che forse dichiara troppo, si perde in spiegazioni di chi ha fatto cosa, perché tutto sommato delle trame di camorra poco importa, tanto più interessante è la vicenda di un uomo che non ha mai visto il sole e che capisce improvvisamente di essere destinato a vita a cieli plumbei e notti senza stelle.
Alessandro Leone
Pericle il nero
Regia: Stefano Mordini. Sceneggiatura: Francesca marciano, Valia Santella, Stefano Mordini. Fotografia: Matteo Cocco. Montaggio: Jacopo Quadri. Interpreti: Riccardo Scamarcio, Marina Foïs, Valentina Acca, Gigio Morra, Maria Luisa Santella, Lucia Ragni. Origine: Italia, 2016. Durata: 105′.