RecensioniSliderVenezia 2014

Perez.

logo perez defEra evidente che Perez. (sì, con il punto finale, non è un errore di battitura) non avrebbe mai retto il confronto con Anime nere. Forse è per questo che Alberto Barbera ha pensato di inserire la pellicola di Francesco Munzi nella competizione internazionale dell’ultima kermesse veneziana, e questa di Edoardo De Angelis, regista partenopeo qui al secondo lungometraggio, nel grande limbo del fuori concorso, tra La trattativa di Sabina Guzzanti e La zuppa del demonio di Davide Ferrario. Sì, insomma, gli italiani che non sai mai dove infilare… Eppure questo Perez con il punto un’anima ce l’ha, solo che non è nera come il film concorrente, ma grigia, frastagliata e piena di sfumature. Proprio come il protagonista della pellicola, Demetrio Perez (Luca Zingaretti), un avvocato napoletano che per anni ha vissuto come un ignavo dantesco, senza infamia e senza lode, umanamente e professionalmente protetto da un perenne senso di disillusione: si accolla casi senza speranza, sapendo che non potrà fare nulla per migliorare le condizioni dei propri assistiti, resta a guardare, quasi con compiaciuta impotenza, la figlia ormai ventenne fidanzarsi con Corvino, piccolo rampollo della camorra, trasforma la sua stessa vita (e il lavoro che svolge) in un faldone di ordinaria amministrazione: documenti, timbri, firme. Nel tempo libero va a fare jogging davanti al Palazzo di Giustizia, si chiede perché la moglie lo ha lasciato o litiga con il suo miglior amico, avvocato pure lui (Gianpaolo Fabrizio, il Bruno Vespa di Striscia). Ma un giorno le cose cambiano: un pericolosissimo boss della malavita, Buglione (Massimiliano Gallo), gli fa un’offerta che nemmeno un leguleio delle cause perse potrebbe rifiutare: recuperare un carico di preziosi dal valore di ottanta milioni di euro dalle budella di un toro, in cambio di qualche diamante e di una confessione ad hoc per incastrare Corvino. E forse salvare la figlia dalla dannazione di un amore criminale. Una sera Perez subisce un tentativo di rapina: una pistola puntata alla testa e la richiesta del portafoglio. Quell’avvocatuccio che fino al giorno prima non avrebbe opposto la minima resistenza, ora reagisce afferrando l’arma tra le mani e sfidando gli aggressori ad accopparlo nel bel mezzo di una strada…perez2

Il film di De Angelis ha almeno due grandi meriti, forse tre. Il primo è la capacità di aver creato, grazie alla straordinaria fotografia di Ferran Paredes Rubio, una Napoli atipica, così lontana dai quartieri malfamati di Scampia, dalle vele, dagli orribili palazzoni popolari in preda all’anarchia e alla rabbia di una vita senza speranza. C’è un riferimento abbastanza veloce a Castel Volturno, ma è solo un attimo, l’abbaglio di un cartello stradale che appare oltre il parabrezza. Per il resto ci si muove dalle parti del Centro Direzionale, un isolato che a tratti ricorda Giorgio de Chirico e i suoi spazi metafisici, abitati da manichini spettrali e figure senza volto: immaginatevi grandi costruzioni che sfidano il cielo, una modernità quanto meno sospetta ma pensata attorno a geometrie congruenti. C’è molto ordine in questa Napoli del futuro, come d’altronde nella vita banalmente tranquilla dell’avvocato Perez, un rigore di superficie che in fin dei conti non è che il tentativo fallimentare della giustizia di “far quadrare” i propri bilanci morali all’interno di parametri matematici. Il secondo merito della pellicola è invece quello di aver inscenato il dramma di un uomo che ha sempre pensato non di non voler scegliere, ma di poter non scegliere. Sembra un bisticcio della grammatica, ma se ci riflettete dopo aver visto il film, un senso c’è. Perez costruisce la sua esistenza attorno a questo dilemma, che si ingigantisce giorno dopo giorno, fino a quando le circostanze lo costringono a capire che in realtà un difensore d’ufficio non può permettersi di non prendere parti. Poco importa che siano quelle del malavitoso da cui viene ricattato, della figlia o di se stesso. Il punto (quel punto che chiude il titolo) è che Perez deve agire.

perez 1Dicevamo che forse c’è un terzo e ultimo merito. Il film ha un messaggio terribile che, senza anticipare nulla del finale, si può semplificare nell’idea che la camorra mantiene le proprie promesse. Se vendi l’anima al diavolo, il diavolo ti ricompensa. È allora il dubbio della (a)moralità del crimine a muovere la regia di De Angelis, come a dire che se la giustizia non funziona, al cittadino non resta che affidarsi a quella rete sotterranea di amicizie e fratellanze tribali che soltanto le mafie riescono a garantire. Perez con il punto non è un capolavoro per il semplice motivo che non vuole esserlo: è un piccolo film che parla di piccoli personaggi, e tanto gli basta per colpire nel punto giusto. In altre parole De Angelis riesce perfettamente dove Guido Lombardi, regista di Là-bas – Educazione criminale (2011), aveva fallito: non fa sconti a nessuno, accantona la pedagogia spicciola e dimostra che in Italia c’è ancora qualcuno che, magari con difficoltà e timidezza, ha delle storie (piccole anche loro, ma proprio per questo importantissime) da raccontare.

Marco Marchetti

Perez.

Regia: Edoardo De Angelis. Sceneggiatura: Edoardo De Angelis, Filippo Gravino. Fotografia: Ferran Paredes Rubio. Montaggio: Chiara Griziotti. Musica: Riccardo Ceres. Interpreti: Luca Zingaretti, Marco D’Amore, Simona Tabasco, Gianpaolo Fabrizio, Massimiliano Gallo. Origine: Italia, 2014. Durata: 94′.

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