Tra pochi giorni ricorrono i 100 anni dalla fine della Prima guerra mondiale, un periodo raccontato sul grande schermo in decine di pellicole di tutte le nazionalità e i generi. Le Giornate del cinema muto di Pordenone, irrinunciabile appuntamento annuale per appassionati e non solo, negli ultimi anni hanno dedicato programmi ai film di quell’epoca e su quel conflitto. Così all’interno della 37° edizione, conclusasi nei giorni scorsi, è stata data meno enfasi all’anniversario, dedicando però un evento speciale “Note dal fronte: musica, parole e immagini della Grande guerra”. Le musiche della Zerorchestra su un montaggio di immagini degli anni 1916-1918 su diversi fronti di guerra europei, riprese da diversi operatori.
Nel programma anche due film notevoli e non molto conosciuti degli anni Venti del secolo scorso, non propriamente bellici ma legati alla guerra e soprattutto al tema, non così frequentato, del ritorno dal conflitto. The Enemy (1927) è un capolavoro dimenticato di Fred Niblo, soprattutto perché mancante del nono e ultimo rullo. Una parte che Warner Bros ha ricostruito, basandosi sulla sceneggiatura originaria, con foto di scena e didascalie. Un film raro e sorprendente, con una straordinaria Lillian Gish e uno spirito pacifista davvero moderno. Nella Vienna del 1914, l’austriaco Carl e l’inglese Bruce coltivano la loro amicizia, si incontrano nei biergarten e corteggiano entrambi la bella Pauli. Il primo riuscirà a coronare il sogno d’amore e sposare la ragazza, ma entrambi sono chiamati alle armi. La giovane vive con il nonno, professore pacifista che perde il lavoro a causa dei suoi discorsi sulla guerra, e si ritrovano a vivere in povertà con un neonato. Dovranno chiedere aiuto all’altro nonno, il ricco signor Behrend, fieramente imperialista e a sostegno dei belligeranti.
Niblo rende la durezza della guerra, resa dalla ripetizione e sottolineatura delle immagini dei piedi dei soldati in marcia. Molto belli l’idillio iniziale e il matrimonio, con la loro festosità semplice, ma anche la vita quotidiana di chi resta a casa. Da citare l’episodio di trincea che anticipa Joyeux Noël – Una verità dimenticata dalla storia (2005) di Christan Carion. A Natale i militari austriaci in trincea chiedono sigarette ai russi appostati di fronte a loro e che in cambio vogliono carne: un baratto, che è quasi una sorta di scambio di doni, prima che ricominci il feroce combattimento.
The Enemy è decisamente antimilitarista, ma pure spietatamente realista, premonitore e quasi profetico, Niblo sapeva già intravvedere una futura guerra: Kurt, il piccolo figlio di Pauli e Carl, vede i soldati che tornano a casa e dice “da grande farò il soldato”, mentre gli adulti sperano nella pace. Fu uno degli ultimi film di uno tra i registi americani più importanti dell’epoca, da ricordare per Il segno di Zorro, I tre moschettieri, Sangue e arena e soprattutto Ben-Hur (1925), che stava già andando verso il declino della carriera.
Il ritorno dal fronte è presente pure in In Old Kentucky (1927) di John M. Stahl, cui è stata dedicata una sezione personale. Uno dei film che si credeva perduto della prima parte della sua carriera di regista e produttore, iniziata nel 1914 con 22 lungometraggi di cui 12 oggi disponibili. Tra i suoi venti film sonori, ben più noti, spiccano, La donna proibita e Al di là delle tenebre con Irene Dunne, Lo specchio della vita, La fidanzata di mio marito, Le chiavi del paradiso, Femmina folle (1945) con Gene Tierney e Le mura di Gerico (1948). Anche qui c’è un’assonanza con una pellicola molto recente, in questo caso War Horse (2011) di Steven Spielberg: il rapporto tra un soldato e un cavallo, anche se per Stahl non è il tema portante.
L’ultimo film muto di Stahl, tratto da una pièce teatrale, è un melodrammone familiare che, nonostante alcune forzature della trama, mostra aspetti molto interessanti. Allevatori di cavalli di razza, i Brierly cadono in rovina dopo che il figlio Jim parte volontario per la guerra e il padre dona il campione Queen Bess alla patria. Il giovane (interpretato da James Murray, negli stessi mesi ne La folla di King Vidor) tornerà segnato dal conflitto e da ciò che ha visto e vissuto, chiudendosi in sé stesso e rifiutando tutto. Anche qui una famiglia impoverita dal conflitto, con l’aggiunta di un trauma post bellico mai nominato ma evidente. Un tentativo di risollevarsi che culmina, come era iniziato, nella classica gara ippica Kentucky Derby. Colpisce lo spazio dato ai personaggi afroamericani, il domestico con la figlia, ma anche il simpatico scroccone e attaccabrighe Highpockets (Lincoln Perry), per siparietti comici ma anche risolutivi. È la dolce e comprensiva Lily May (un’intensa Carolynne Snowden), figlia del servo, a salvare il padrone di casa dall’arresto per un assegno scoperto. Visto oggi, il film è pieno di stereotipi sui neri, ma per il tempo era sicuramente avanti sia per la rappresentazione sia per lo sviluppo dei personaggi di colore.
Tra gli eventi delle Giornate anche la presentazione de I promessi sposi (1922) di Mario Bonnard, restaurato dalla Cineteca Italiana di Milano, con la nuova partitura composta da Valter Sivilotti, eseguita per la prima volta dalla Nuova orchestra da camera Ferruccio Busoni di Trieste e dall’Orchestra Naonis di Pordenone, dirette da Massimo Belli. Un altro film, un dramma storico e sentimentale con accenti buffi, dalle vicende travagliate che merita un riscoperta e costituisce il più rilevante adattamento dal romanzo manzoniano giunto fino a noi.
Nicola Falcinella