Il lunedì dopo la cerimonia dei premi Oscar è una sorta di Giorno della marmotta che ogni anno torna puntualmente. Il riferimento non è alla cerimonia in sé, quanto alle polemiche che i premi inevitabilmente scaturiscono. Tutte le bacheche social dei cinefili si riempiono di opinioni e articoli in cui alcuni spiegano come questi premi siano farlocchi, inutili o immeritati, altri che invece difendono a spada tratta l’Academy e le sue scelte. Questa volta, però, almeno in Italia, c’è stato un curioso fenomeno riguardo il film protagonista e assoluto vincitore della serata: Everything Everywhere All at Once. La lunga corsa del film dei Daniels parte dall’estate: questo strambo film sul multiverso cresce sempre di più grazie al passaparola e da film semi-indipendente diventa un piccolo fenomeno che conquista sempre più persone, soprattutto giovani. Certo, questo fenomeno tocca principalmente gli Stati Uniti: dei circa 112 milioni di dollari incassati globalmente, 75 provengono proprio dagli USA. Segnale che il film interessa relativamente in altre parti del mondo; e i risultati italiani sembrano seguire proprio quella linea di tiepido interesse. Ad oggi, il film è uscito 3 volte e ha incassato più di un milione e seicentomila euro: di cui più di mezzo milione nell’ultimo weekend (16-19 marzo), proprio quello post Oscar. Per intenderci, L’ultima notte di Amore ha incassato quasi due milioni in due weekend.
Il film dunque non è stato visto moltissimo, sicuramente meno di altri vincitori di Oscar (penso a Parasite), però godeva sicuramente di stima e sembrava amato dalla nicchia cinefila. Dopo la vittoria dell’ambito premio la percezione è cambiata: ad un tratto sembra che a nessuno piaccia. Per tutti è diventato un film sopravvalutato che non meritava di vincere tutte quelle statuette. Perché? I motivi potrebbero essere diversi: un po’ come nello sport, quando una squadra vince troppo comincia a non stare simpatica a molti, gli outsider sono sempre più appassionanti. Un altro motivo è che un film che sembrava pensato per una nicchia è diventato improvvisamente mainstream, per cui è scattata quella “gelosia” che nasce quando la band che pensavamo di ascoltare in due si ritrova a vincere Sanremo. Oppure, come notato, il film è stato visto da molte persone dopo la vittoria e può essere che molte persone si aspettino qualcosa di diverso quando pensano al ‘Miglior film’ dei premi Oscar. Il risultato è in ogni caso un senso di spocchia verso un film che invece potrebbe destare simpatia, aldilà dei giudizi sulla qualità del film in sé.
E poi, tutti gli altri. Altre polemiche arrivano a causa delle zero statuette per The Fabelmans:il film di Spielberg avrebbe certamente meritato di più, soprattutto almeno una vittoria nelle categorie miglior regia o miglior sceneggiatura originale. Anche perché bisogna ammettere che è un po’ sconfortante vedere le 4 statuette vinte da Niente di nuovo sul fronte occidentale, sicuramente di qualità inferiore rispetto all’ultimo Spielberg.
L’Academy continua il suo legame con i festival europei, lo dimostrano le candidature di film come Triangle of Sadness, Tár o Gli spiriti dell’isola (tutti rimasti a bocca asciutta): sembra che l’Academy da un lato esalti il proprio cinema premiandolo con molte statuette, ma dall’altro cerchi di portare all’attenzione del pubblico statunitense film che probabilmente non godono di una grande distribuzione (sappiamo come i film non statunitensi non vengano ben distribuiti negli USA).
Tra premi telefonati (Brendan Fraser o il bellissimo Pinocchio di Del Toro) e una cerimonia fiacca (nessun momento minimamente degno di nota) quest’edizione degli Oscar passerà alla storia come insipida e poco memorabile. Non bastano i record di statuette.
Andrea Porta