Ogni due anni le programmazioni estive devono fare i conti con i fuochi d’artificio delle manifestazioni sportive. I mondiali di calcio si alternano agli europei, che fanno coppia fissa con le Olimpiadi, andando ad occupare spazi televisivi che movimentano i palinsesti noiosi e ripetitivi dei mesi più caldi (moltiplicazione dei canali digitali = moltiplicazione delle repliche). Per questo, ogni due anni, gli esercenti e i programmatori delle arene di cinema all’aperto, calendari alla mano, cercano di evitare sovrapposizioni con gli eventi di cartello. Le partite della nazionale (scritto minuscolo per demeriti sportivi), almeno le prime tre, sono i primi indicatori di cui tener conto a giugno; via via si scartano le coincidenze con le partite ad eliminazione diretta, eccezion fatta per gli scontri tra compagini “minori”, sempre che si riesca a prevederne gli incroci. Accade poi che l’italia (piccola, minuscola) non arrivi a disputare la quarta gara e che il mondiale perda di interesse, forse per risposta emotiva, per cui i cinema sotto le stelle tornano ad essere possibile alternativa alla frustrazione: rivedere Venere in pelliccia e snobbare, ad esempio, l’odiata Germania che, bene o male, tira fuori sempre attributi sufficienti ad andare avanti.
Le valutazioni cambiano dalla grande città alla provincia. Questione di bacino d’utenza. Ma il problema dell’offerta estiva non si ferma soltanto alle convivenze forzate tra proposte televisive e cinema all’aperto, perché le sale che continuano a lavorare a luglio e agosto devono produrre sforzi creativi per imbastire un cartellone appetibile. Nonostante i buoni propositi delle distribuzioni, l’estate è ancora considerata una stagione morta per il cinema, per cui, se escludiamo qualche super eroe o l’animazione, difficilmente escono film nuovi. I cosiddetti cavalli di battaglia, secondo noi a torto, rimangono alla corda fino a settembre, per poi giocarsela in un mercato congestionato dai film che arrivano dai festival più importanti.
Il coraggio di non buttare via due mesi, di non spezzare l’anno in due, di portare per mano lo spettatore in sala quando fuori il termometro segna 35 gradi, non ci appartiene. Il tempo delle ferie d’agosto e le città deserte – qualcuno se n’è accorto? – è ingiallito ricordo. E se ancora per qualcuno fosse possibile il “mese pieno” di mare.. beh, il mare e il cinema disegnano lo stesso orizzonte.
A.L.