1938, Dresda. Elizabeth (Saskia Rosendahl) è una giovane donna con una passione viscerale per l’arte. Suona il piano e gira i musei con il nipotino Kurt, che ama sopra ogni altra cosa. Mentre gli artisti contemporanei vengono messi al bando come degenerati, la stravaganza di Elizabeth viene interpretata come un disturbo mentale. Ricoverata in un ospedale psichiatrico, la ragazza viene sterilizzata su ordine del professor Carl Seeband (Sebastian Kock) e, più tardi, gassata con malati mentali e disabili. Kurt (Tom Schilling), cresciuto nel ricordo della zia e sopravvissuto alla catastrofe del conflitto, ha sviluppato un grande talento artistico. Formato all’Accademia di Dresda diventa interprete di punta del realismo socialista, fino a quando non conosce Ellie (Paula Beer), iscritta al corso di disegno per costumisti e figlia del medico nazista che anni prima aveva condannato zia Elizabeth. I due si innamorano e raggiungono Berlino Ovest appena prima dell’edificazione del muro. Il contesto artistico di avanguardia rivoluzionerà l’arte di Kurt e farà riemergere ricordi dolorosi.
Florian Henckel von Donnersmarck ritorna al racconto storico dopo Le vite degli altri. Ispirato a Gerhard Richter, artista di Dresda nato nel 1932, il regista coglie le trasformazioni del suo paese, dagli anni ’30 alla fine degli anni ’60, attraverso lo specchio dell’arte, che dovrebbe essere deformante e che invece mette a fuoco con chiarezza le deformità di uno dei periodi più bui della storia tedesca. Nazismo, Guerra Fredda e Germania dei blocchi fanno da sfondo al viaggio di Kurt, dalla sua formazione culturale (zia Elizabeth) all’affermazione come artista dopo gli anni del servizio di regime, la sbornia del Concettuale, gli ammiccamenti all’astrattismo, fino alla presa di coscienza di un’arte (pittorica) che emerge dal profondo del suo passato e che mescola storia tedesca a storia personale.
Il regista disegna un percorso lucido dimostrando ancora una volta la capacità del cinema tedesco di riflettere sul recente passato. Costruito come un piccolo Heimat, la vita di Kurt è legata alla famiglia Seeband, all’uomo che nel 1938 gli toglie la zia e che poi tenterà di separarlo dalla figlia Ellie, una sorta di demone che è riuscito a sottrarsi alle epurazioni russe e a riciclarsi a ovest, mentendo sui crimini di guerra. La verità vergognosa rimane latente ma minaccia di riemergere dal fondo di ogni inquadratura. Sebastian Koch è strepitoso nell’interpretazione di un personaggio ambiguo, sdoppiato tra superficie e profondità, un opportunista che rimane profondamente nazista anche ad ovest e di fronte a processi storici che potrebbero smascherare l’impostura.
Le ombre del passato si allungano sempre minacciose lungo tutto il film, anche quando gli anni ’60 allontanano il conflitto bellico. Ma pur essendo ad ovest, mancano i colori che hanno caratterizzato la cultura pre-pop dei paesi anglosassoni; prevalgono invece i grigi, come se le polveri ancora non fossero state spazzate via del tutto. Il popolo tedesco è ancora prigioniero di un’inquietudine inspiegabile, soprattutto per chi ha subito il conflitto e ne è uscito a fatica, come il professore di Kurt, artista chiaramente ispirato a Joseph Beuys (anzi, Joseph Beuys coperto da pseudonimo) ex aviatore tedesco che un incidente ha trasformato in artista-sciamano. L’insegnante performer lavora con grasso e feltro, materiali che rinviano alla sua esperienza più traumatica e che diventano espressione sincera del suo vissuto, oggetti d’arte che dichiarano l’artista senza simulazioni, senza artefazione modaiola. Così Kurt, scavando nel profondo della sua storia personale, trova la propria strada artistica.
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Opera senza autore procede con buon ritmo per tre ore, il racconto non stanca, ma purtroppo soffre di una messa in scena televisiva. Potrebbe essere un pilota di altri episodi, un Heimat per la Tv per l’appunto ma senza la forza dell’opera di Reisz, capace di addensare e dipanare le ombre della storia senza ammiccamenti o facili soluzioni visive, cosa che non sempre riesce a Donnersmarck.
Vera Mandusich
Opera senza autore
Sceneggiatura e regia: Florian Henckel von Donnersmarck. Fotografia: Caleb Deschanel. Montaggio: Patricia Rommel, Patrick Sanchez Smith. Musiche: Max Richter. Interpreti: Tom Schilling, Sebastian Koch, Paula Beer, Saskia Rosendahl, Oliver Masucci, Hanno Koffler, Ben Becker, Lars Eidinger, Franz Pätzold. Origine: Germania/Italia, 2018. Durata: 188′.