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Oblivion, guarda che luna!

Esiste di Oblivion una versione Graphic Novel mai pubblicata, illustrata da Andrée Wallin esclusivamente per fermare i diritti legali sulla storia. Di conseguenza Oblivion non ha parentele con l’ormai enorme produzione di film ispirati ad albi seriali, perché la genesi è diversa e, di conseguenza, il pubblico non potrà mettere a confronto due opere che utilizzano linguaggi differenti (solito e sterile esercizio del dopo visione). Lo si potrà definire un fumettone e al limite un videogame senza giocatori attivi, con allusioni però velatamente dispregiative.
oblivion_02-63985481Questo grande gioco a livelli vede protagonista nel 2077 il pilota Jack, che ha il volto un po’ troppo maturo di Tom Cruise (che potrà ingannare il pubblico ancora per poco), Top Gun del futuro prossimo, impegnato a garantire il buon funzionamento dei droni su una terra semidistrutta da forze aliene, guidato a distanza dalla compagna Vika. Un uomo e una donna su una base che galleggia nel cielo. La razza umana è ormai migrata su Titano, perché pur avendo vinto la guerra contro gli invasori, il pianete è invivibile, devastato dalla radioattività e da cataclismi causati dall’esplosione della Luna, ridotta ad ammasso di detriti orbitante. Ma le cose non sono mai quel che sembrano e Jack, predestinato, manco a dirlo, dovrà accettare la verità, convincersi di servire un padrone che gli ha cancellato la memoria per costruire una realtà fasulla, fidarsi di chi credeva nemico, ritrovare una moglie il cui ricordo era niente più che una traccia in bianco e nero poco comprensibile.
La struttura del film è abbastanza semplice: la prima metà racconta un mondo, la seconda lo ribalta, fino al gran finale in cui la verità prevale e vince. Niente di male, se non fosse che Kosinski si affida alle immagini ad effetto (per l’occhio davvero una goduria) per nascondere le criticità di una sceneggiatura spesso scontata, che rincorre più di sessant’anni di science fiction (su carta e su oblivion scenapellicola), come se omaggiare guerre dei mondi, pianeti delle scimmie, interceptor, replicanti, solaris e monoliti, possa rendere una nuova alba dell’uomo davvero definitiva. E sarebbe anche perdonabile se non fosse che il congegno narrativo a volte si inceppa, lasciando ad ogni bivio nodale piste irrisolte o illogicità che nella difficile scrittura fantascientifica, se ci sono, devono essere spiegate come paradossi credibili. E il punto è proprio questo: lasciare che l’incredibile rimanga incredibile, generando domande che impediscono l’abbandono al flusso del racconto se non nella misura in cui il film sorprende per effetti straordinari e dinamica delle azioni.
Jack non è personaggio singolare ma la pluralità dei Tom Cruise cinematografici che, a parte rare eccezioni, hanno sempre risolto impossibile missions, con fisicità esplosiva e frasi fatte che non fanno più epica da parecchio tempo (“io sono l’arma”, tanto per citare la più ridicola). Nella circostanza l’attore riesce a passare con disinvoltura tra ben due espressioni: quella gradassa da è un gioco da ragazzi, baby, a quella perennemente spaesata, fronte aggrottata e occhio socchiuso, di chi sta risolvendo un enigma.
E anche i luoghi sanno di vecchio, rimettendo al centro New York o ciò che ne rimane, la guglia dell’Empire, la torcia della Statua della Libertà (ricorda niente?), come a ripristinare le coordinate perdute dopo District 9 o Monsters. L’allegoria del presente è però fuori dalle intenzioni (ed è legittimo) e nemmeno trova spazio un sistema filosofico che ha contraddistinto il meglio del cinema di genere (l’ultimo esempio è forse lo stupendo Moon, che non è certamente un corpo estraneo nel l’impasto di Oblivion). Ci sono però gustosi intermezzi, come la vita oltre le tenebre del piccolo paradiso, che persiste (come, poi, e perché?) alla distruzione, metafora semplice e fuori tempo del ritorno a madre natura di matrice trascendentalista, senza I-pod ma con un giradischi, oggetto trovato tra altri oggetti trovati (Wall-E?): pupazzi, libri, cappellini, (c’è spazio per l’immagine di Cristina’s World, uno dei capolavori di Andrew Wyeth), poi vinili dei Led Zeppelin, gli immancabili Procol Harum, addirittura i Duran Duran. Una vena umoristica appena accennata, che in dosi maggiori avrebbe forse aiutato il film. Per il resto puro spettacolo. Ogni tanto non fa male.

Alessandro Leone

Oblivion

Regia: Joseph Kosinski. Sceneggiatura: William Monaham, J. Kosinski. Fotografia: Claudio Miranda. Interpreti: Tom Cruise, Morgan Freeman, Olga Kurylenko, Andrea Riseborough, Melissa Leo. Origine: Usa, 2013. Durata: 110′.

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