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Non essere cattivo

NonEssereCattivo-e1441035087796Converrà forse giocare a carte scoperte da subito: Non essere cattivo (2015) è un grandissimo film. Opera postuma di un regista che ha amato il cinema in modo viscerale ma che dal cinema ha avuto pochissimo, almeno in termini produttivi. Una filmografia minima, fatta di tre sole opere in più di trent’anni. Basta però poco per capire che Claudio Caligari il cinema lo conosceva davvero e lo amava profondamente. Di quell’amore che sceglie il disincanto per fare propria la realtà. Girato tutto in un’Ostia anni ’90, che è come un’enorme gabbia da cui non c’è modo di scappare, Non essere cattivo segue il ripetersi dei giorni di Cesare e Vittorio, due ragazzi di vita figli legittimi di quella trasformazione antropologia che Pasolini andava denunciando in un tempo che sembra ormai lontanissimo e che invece era il tempo dei nostri padri. E Pasolini è il termine di paragone ineludibile, proprio a partire da quei protagonisti. A partire dalle loro facce.
“Non sarebbe più possibile girare oggi Accattone (1961), non troverei più quei corpi, quelle facce”. Così diceva Pasolini nel mezzo degli anni ’70. Eppure eccole lì due facce da Accattone: sono le facce di Vittorio e Cesare. Ma un Accattone di fine secolo, bene inteso. Perché gli anni non passano invano e la trasformazione antropologica c’è stata davvero. Ma se Vittorio e Cesare hanno perso qualsiasi legame con quel mondo al di fuori dalla Storia, che per Pasolini conteneva in sé il germe della sacralità, in cambio non hanno ricevuto niente. Ancor più dei loro padri, i Non_essere_cattivoragazzi di Claudio Caligari vivono chiusi in una periferia totalizzante, dalla quale il Centro è escluso persino dall’orizzonte visivo. La macchina da presa non inquadra la città mai, nemmeno da lontano. Non come miraggio a cui tendere, e non come minaccia incombente – come era, invece, l’ultima inquadratura di Mamma Roma (Pasolini, 1962), con quei palazzacci in fondo all’orizzonte che assalgono una Anna Magnani attonita, al di qua di una finestra spalancata.
In questo scenario Cesare e Vittorio sentono il vuoto farsi sotto, prenderli alla gola. Provano a riempirlo con i traffici di una criminalità marginale, praticata per ottenere un denaro che non sarà mai sinonimo di ricchezza, ma mezzo indispensabile per la sopravvivenza, e che al massimo può essere buttato nei modi dello stordimento. Violenti, impulsivi e disposti a sopraffare, i due non fanno altro che ribadire, ad ogni cattiva azione, la loro condizione di vittime.
Eppure, anche se assediati da quel vuoto, Cesare e Vincenzo non sono ancora due personaggi svuotati. Oltre ai colpi della realtà subiscono, perché di subire si tratterà sempre, quelli dei sentimenti. Cesare, con una nipotina stremata dall’aids prima, e con quella era stata la donna di Vittorio poi, smarrita e senza direzione come lui; Vittorio, con una donna incontrata quasi per caso e che gli apparirà come una possibilità – anzi come un motivo – per resistere e cambiare vita. Tenteranno entrambi di difendere i propri affetti, a modo loro: chi colpendo ancora più forte, chi provando a smettere di colpire. Ma andranno incontro a due destini diversi solo in apparenza.


In quello che, in fondo, è un doppio finale, Claudio Caligari ci mostra la forza soverchiante che schiaccia chi è nato ai margini e ai margini è relegato. Una forza onnipresente e invincibile che non si cura delle scelte dei singoli e che non arretra neanche di fronte ad una vita appena cominciata. Eppure, dentro quei sorrisi che, per venire fuori, fanno a gara con le lacrime, Caligari ci lascia il segno forse più evidente del suo amore per quel mondo e per gli uomini che lo abitano. Un amore che, probabilmente, aveva il sapore della comunanza. Perché “al raffinato e al sottoproletario spetta la stesa ordinazione gerarchica dei sentimenti: entrambi fuori dalla storia, in un mondo che non ha altri varchi che verso il sesso e il cuore, altra profondità che nei sensi. Dove la gioia è gioia, il dolore dolore” (Pier Paolo Pasollini, La ricchezza).

Matteo Angaroni

Non essere cattivo.

Regia: Claudio Caligari. Sceneggiatura: Claudio Caligari, Francesca Serafini, Giorgio Meacci. Fotografia: Maurizio Calvesi. Montaggio: Mauro Bonanni. Inerpreti: Luca Marinelli, Alessandro Borghi, Silvia d’Amico. Origine: Italia, 2015. Durata: 100′.

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