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Neve nera

neve-nera-2017-martin-hodaraNieve negra, recita il titolo e a ricordarci questo ossimoro, dall’inizio alla fine del film, sempre ritorna la stessa immagine: una neve bianchissima, immacolata, e nel bianco più bianco una macchia di sangue. Da un lato gli sconfinati paesaggi innevati della Patagonia, dall’altro l’oscurità di un passato torbido. Protagonisti sono una famiglia e il suo terribile segreto. O meglio, protagonista indiscusso è il segreto, che si nasconde, si camuffa, affiora per poi riscomparire, fino ad emergere, prepotentemente, inaspettatamente, negli ultimi istanti del film. L’occasione della storia, la offre la morte del capofamiglia, evento che costringerà i tre fratelli Marcos (Andrés Herrera), Salvador (Ricardo Darìn) e Sabrina (Dolores Fonzi) a incontrarsi dopo anni e a confrontarsi con ricordi che li legano l’uno all’altro molto più di quanto le loro vite sembrino mostrare.

neve-nera-2017L’intenzione di Martìn Hodara di costruire un film intorno a un protagonista assente – il segreto, appunto – sarebbe buona, se non fosse che all’atto pratico, al di là degli elementi di perversione e violenza che esauriscono il carattere del film, la storia si muove un po’ a rilento, faticando a costruire una suspense che, per definizione, abbisogna di indizi e depistaggi. Certo, non mancano mezze frasi, silenzi incomprensibili, rabbie immotivate, e soprattutto non mancano i flashback, piccoli frammenti di una storia che vuole essere ricordata. Frammenti che emergono senza però che il regista si preoccupi di legarli l’uno all’altro, di metterli in ordine, di creare una gerarchia, e, come si dice, di giocarsi bene le carte che ha in mano. E così, per venirne fuori, Hodara sceglie di affidare la risoluzione della vicenda a un quarto personaggio, Laura (Laia Costa), moglie di Marcos, fin dall’inizio facilmente riconoscibile come l’unico personaggio attivo, probabilmente per il suo essere l’unica priva di legami di sangue con gli altri. È proprio a lei che, alla fine, toccherà il ruolo di medium attraverso cui il segreto si rivelerà allo spettatore, con un coup de théâtre che fa leva sulla propria assoluta imprevedibilità nel tentativo disperato di salvare le sorti del film. Ma non è così che funziona il colpo di scena: un colpo di scena è tale se il film riesce a far sì che lo spettatore elabori un’ipotesi, ci creda, arrivi a convincersene, finché all’ultimo, inaspettatamente, l’ipotesi crolla davanti all’imponderabile. Qui lo spettatore non può credere ad alcuna ipotesi perché il film stesso non glielo consente: dalla metà in poi, infatti, il regista ci lascia chiaramente intuire che c’è dell’altro, ma senza con ciò fornire elementi sufficienti a formulare un’ipotesi o addirittura a renderla credibile. Il finale cala così dall’alto e lo spettatore, più scioccato che altro, non può che prenderne atto, senza coinvolgimento emozionale alcuno.


La vera suspense inizia in realtà dopo il finale, e all’arrivo dei titoli di coda non può non far seguito una certa perplessità, se non un po’ di delusione: allo spettatore viene affidato l’ingrato compito di portare a termine il racconto, di completare l’incompleto, con una mossa sicuramente ad effetto, ma che rischia di essere indizio di una volontà del regista di sottrarsi a una scelta che forse, qualunque fosse stata, sarebbe stata scontata. La prossima volta si spera che Martìn Hodara voglia almeno assumersi le proprie responsabilità.

 Monica Cristini

Neve nera

Regia: Martin Hodara. Sceneggiatura: Leonel D’Agostino, Martin Hodara. Fotografia: Arnau Valls Colomer. Montaggio: Alejandro Carrillo Penovi. Interpreti: Ricardo Darín, Laia Costa, Dolores Fonzi, Andrés Herrera, Miguel Iglesias, Federico Luppi. Origine: Argentina/Spagna, 2017. Durata: 90′.

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