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Memorie di un assassino

Bong raddoppia in sala

Riscoprire Memorie di un assissino, diciassette anni dopo.
Anno Ventiventi. Bong Joon-ho si accaparra ben quattro statuette dell’Academy Awards, tra cui
anche quella per miglior film e miglior regista. E’ il primo regista sudcoreano a distruggere a colpi
di pellicola l’egemonia della cinematografia occidentale agli Oscar.
Il suo Parasite ha indubbiamente sconfitto le barriere socioculturali nei confronti del cinema
asiatico, e ne siamo profondamente compiaciuti. Questo gioiello di pellicola ha
affascinato anche i cinefili più radicali, ma ci tengo a sottolineare come sia solo la punta
dell’iceberg che rappresenta la bellezza e la ricchezza insita nel cinema asiatico (basta farsi un giro in primavera al Far East Film Festival di Udine).
Dopo essere tornato nelle sale, grazie all’acclamatissima vittoria, e aver convinto anche il pubblico
più pop – eh si, ammetto di avere avuto la tentazione di andarlo a rivedere – Parasite ha
lasciato che i riflettori si spostassero sul primo film della rivelazione Joon-ho, girato ben
diciassette anni prima, quasi introvabile in Italia e mai apparso sul grande schermo: Memorie di un
assassino.
Incrociando le dita ho iniziato a controllare le sale che avrebbero proiettato il film tanto atteso.
Filmstudio 90 era tra queste e, in un clima generale che si potrebbe definire perfettamente con il frame finale di Zombi 2 di Lucio Fulci, assisto miracolosamente ad una delle ultime proiezioni in sala, prima della chiusura
momentanea imposta a cinema e teatri dalla Regione Lombardia.

Chiudo gli occhi, apro gli occhi: salto temporale di ben trentaquattro anni.
Gyeonggi, piccolo paesino di campagna sudcoreano, 1986. Il corpo martoriato e senza vita di una
giovane viene rinvenuto in un canale di scolo, la notizia scuote la polizia locale che senza un
minimo di consapevolezza inizia ad effettuare le indagini in maniera scanzonata.
I brutali omicidi si susseguono e la situazione si fa sempre più critica, tant’è che, direttamente
dalla capitale, arriva un ispettore (Kim Sang-kyung) che, fin da subito prende il lavoro seriamente,
svolgendo le indagini come da copione ben scritto, ma che sul finale, preso dallo sconforto e
dall’impotenza cade vittima della sua stessa profonda umana fragilità.
Il faccione di Song Kang-ho, attore feticcio del cineasta sudcoreano, nei panni del poliziotto Park
Du-man, ci guarda attonito, quasi a renderci partecipi della sua solitudine. Sono i suoi, gli occhi
intensi che incrociamo spesso, e sono tanti gli occhi che dall’interno del film ci guardano: quelli
ormai assenti delle donne stuprate barbaramente e poi uccise, quelli inafferrabili dell’assassino,
assassini, o presunti tali. Sono gli occhi di un popolo abbandonato a se stesso, alla sua povertà e alla sua impotenza, ormai succube inerme dei più atroci soprusi da parte delle forze dell’ordine.
La pellicola si rifà ad un’opera teatrale di Kim Kwang-lim, ispirata alla storia vera del primo
assassino seriale riconosciuto in Corea, attivo tra il 1986 e il 1991 ed accertato solamente nel 2019.

La scrittura di Bong Jonn-ho adotta un registro a tratti tragicomico, esasperato, come è esasperata
la struttura complessiva della narrazione e come lo sono i sorrisi che strappano le scene delle risse
nei locali, che raggiungono l’apice del caos nell’accezione più esteticamente aulica immaginabile.
La narrazione lineare, di un classico poliziesco, ci porta su tre piani temporali: quello della
malinconia della fine degli anni Ottanta, che abbraccia la crisi degli anni Novanta, e infine ci porta
all’inizio degli anni Duemila, con un nuovo inizio, una nuova speranza intrisa di questioni irrisolte
ed ossessioni. Il tutto racchiuso nello sguardo iconico di Song Kang-ho nella scena finale.

La fotografia, ad opera di Kim Heong-gyu, contribuisce alla percezione del clima di avvilimento della
campagna sudcoreana. Con maestria gioca ad accentuare le ambientazioni aride di giorno, che ne
sottolineano la desolazione più profonda, e quelle piovose di notte, inafferrabili, che scivolano via
dal raziocinio e dalla capacità umana.
Titoli di coda e… si, questo è Cinema.

Tatiana Tascione

Memorie di un assassino – Memories of Murder

Regia: Bong Joon-ho. Sceneggiatura: Bong Joon Ho, Shim Sung-bo. Fotografia: Kim Hyung-koo. Montaggio: Kim Sun-Min. Musiche: Tarô Iwashiro. Interpreti: Song Kang-ho, Kim Sang-kyung, Kim Roe-ha, song Jae-ho, Byeon Hie-bong, Ko Seo-hie, Park No-shik, Park Hae-il, Choi Jong-ryol. Origine: Corea del Sud, 2003. Durata: 131′.

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