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Marcel the Shell

Marcel è una piccola conghiglia con un’occhio solo e le scarpe da ginnastica rosse. Vive in una grande casa vuota con l’anziana nonna. Tra quelle mura, una volta, abitava una coppia di innamorati che, finito l’idillio, ha trovato diverse destinazioni, separando involontariamente Marcel dal resto della sua comunità. Il piccolo protagonista si muove goffamente in quell’ambiente creato a dimensione umana, spropositato rispetto alle sue. La piccola creatura attraverso il suo occhio osserva il mondo con la filosofia ingenua di un bambino che ha iniziato a farsi domande su ciò che lo circonda. Prova nostalgia per l’assenza del resto della sua comunità ma rabbia per chi ha caustato l’allontanamento.
Nessuno spiega perché Marcel abbia le scarpe, da dove venga o quali siano le origini sue e dei suoi congiunti. Marcel sembra essere un piccolo ninnolo, un ricordo o un souvenir, dalla vita propria che non si nasconde alla vista degli esseri umani, tanto da attirare l’attenzione di un filmmaker che decide di raccontare la vita di quel curioso microcosmo attraverso brevi documentari da pubblicare in rete. Il regista Dean Fleischer Camp non riprende però Marcel perché è un misterioso oggetto dotato di vita, ma semplicemente perché ha una vitalità e possiede una verve fuori dal comune. La purezza di Marcel è tanto adorabile da renderlo un personaggio virale, trasformandolo inaspettatamente piccola star. Il canale attira centinaia di utenti, poi migliaia, diventano milioni. Presto si crea una vera e propria gara di solidarietà per ritrovare il resto della sua minuscola comunità.

Dean Fleischer Camp esordisce nel lungometraggio grazie al tenero personaggio protagonista di tre cortometraggi a passo uno, realizzati tra il 2010 e il 2014, giocando già allora a raccontare le strambe vicende di Marcel con la forma del finto documentario. Veri invece sono i milioni di utenti che hanno visto le avventure di Marcel sulle piattaforme online. Sebbene Marcel the Shell condivida alcuni aspetti della cultura giapponese Kawaii in cui i personaggi hanno sembianze infantili e comportamenti ingenui, lineamenti graziosi, proporzioni minute ed essenziali e soprattutto occhi grandi (si veda al serie animata Gudetama: un nuovo viaggio, giusto per citarne un titolo che ne condivide stramberie surreali, il protagonista è un pigro uovo senza guscio). Dean Fleischer Camp aggiunge però a questo genera lo pseudo-realismo del documentario, non solo per quanto riguarda la compresenza di ambientazioni e personaggi reali, ripresi in live action, ma anche grazie alla formula metacinematografica dove la “macchina cinematografica” viene mostrata, sia sfondando la quarta parete, mettendo in mostra le attrezzature del documentarista, sia in fase di montaggio dove vengono volutamente mantenuti aspetti da “fuori scena” o ciak sbagliati.

Il mondo che Marcel conosce però è quello della casa e del giardino in cui vive. E’ solo grazie all’intervento del regista che si apre per la piccola conchiglia un intero universo, fatto di filmati su internet, di comunicazione con migliaia, milioni persone. Così Marcel varca la soglia di casa per esplorare l’ignoto, sempre sotto l’occhio della telecamera di Dean. Marcel è un occhio esterno (uno solo) sul mondo umano, uno sguardo puro e ingenuo, un buon selvaggio che non conosce la differenza tra male e bene, il suo viaggio alla ricerca di altri come lui sarà una forma di presa di coscienza necessaria per superare un lutto e raggiungere un’età matura.

Carlo Prevosti

Marcel the Shell

Regia: Dean Fleischer Camp. Sceneggiatura: Dean Fleischer Camp, Jenny Slate, Nick Paley. Fotografia:
Bianca Cline. Montaggio: Dean Fleischer Camp, Nick Paley. Musiche: Disasterpeace. Origine: USA, 2021. Durata: 90’.

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