Dopo Carne trémula (1997) Pedro Almodóvar torna a guardare alla recente storia del suo paese. Il franchismo, che il regista aveva rimosso come un cancro da non nominare fino a cancellare Franco e la dittatura, fece capolino in un suo film dopo quasi vent’anni di carriera e torna adesso incorniciando una storia di madri parallele in cerca di futuro dopo aver fatto i conti con il passato.
Janis (Penelope Cruz) è una fotografa professionista che a quasi quarant’anni ha deciso di farsi portavoce del desiderio di un intero paese di riportare alla luce i resti dei propri antenati trucidati dai falangisti e sepolti in una fossa comune. Una legge del 2007 denominata “Memoria Historica”, voluta dal governo Zapatero, intende proprio restituire al ricordo dei propri cari le 200.000 persone scomparse. Per Janis l’occasione è Arturo (Israel Elejalde), un antropologo forense con cui ha una relazione e di cui rimane incinta. Arturo, sposato con figli, accetta di aiutare Janis ma, apparentemente, scompare dai radar. Per pura coincidenza Janis partorisce la sua bambina contemporaneamente alla sua compagna di stanza Ana (Milena Smit), una diciassettenne che si ritrova madre dopo una violenza di gruppo. Le due solidarizzano, si perdono, si ritrovano dopo circa un anno, quando Ana ha perso la sua bimba, morta in culla durante il sonno, e Janis ha appena scoperto che subito dopo il parto le due bambine erano state scambiate e che per questo sta crescendo la figlia naturale di Ana.
La trama è almodóvariana, intrigante, zeppa di virate sorprendenti che sembrano al tempo stesso seguire un flusso naturale e ordinario delle cose, quasi armonico nel loro incedere, sulla spinta di personaggi che non si fermano mai, che agiscono, che la vita possono anche subirla ma poi si rimettono in marcia per aggiustare le situazioni, ri-direzionare il destino.
Ancora una volta è Penelope Cruz a muovere il racconto, musa ispiratrice e nuovamente madre (la prima gravidanza in un suo film fu proprio in Carne tremula e appena un paio di anni dopo in Tutto su mia madre), come nel precedente Dolor Y Gloria: Janis è una fotografa che sotto la superficie delle cose è abituata a scavare, che è poi ciò che chiede ad Arturo, scavare per recuperare la memoria collettiva, che via via nel film sembra avere più di un’attinenza con il ruolo di madre, genitrice che guarda avanti per costruire futuro. Il passato fumoso, sepolto sotto la terra insanguinata della dittatura, è un’ombra che si allunga anche sul presente della donna, perché quella figlia tanto voluta non le assomiglia, sembra sud americana e richiama una leggenda familiare che narra di un nonno venezuelano mai conosciuto. Negli occhi della bimba c’è una verità diversa, e Arturo, tutt’altro che figura maschile abietta, chiede a Janis di fare il test del DNA perché anche questa bimba possa ricollocarsi nel suo giusto quadro familiare.
Almodóvar tesse la sua trama senza forzare letture metaforiche. Ai significati ci arriva pian piano, rinunciando questa volta ai dialoghi graffianti e intrisi di humor (spesso nero) che ne hanno contraddistinto commedie e melodrammi. Gli scambi sono sempre serrati, densi, mai buttati via, inquadrati in un paesaggio domestico sempre ipercolorato ma meno pop, comunque portatore di significati nascosti, allorché colori e oggetti diventano proiezione dei personaggi in scena.
E’ un cinema che ultimamente è uscito dal torpore quello di Almodóvar, come se qualche passaggio meno felice avesse messo le basi per i film della maturità, dove guardare indietro, e ricordiamoci il regista in crisi interpretato dall’alter-ego Banderas in Dolor Y Gloria, significa aprire orizzonti nuovi che la vecchiaia può solo esaltare. Ecco dunque il salto verso un cinema che ormai non ha più interesse a provocare e a dissacrare i generi, ma a confonderli semmai strumentalmente sempre a servizio della storia e dei personaggi. Storie e personaggi che sempre più hanno l’urgenza di esserci come Storia.
Vera Mandusich
Madres paralelas
Sceneggiatura e regia: Pedro Almodóvar. Fotografia: José Luis Alcaine. Montaggio: Teresa Font. Musica: Alberto Iglesias. Interpreti: Penélope Cruz, Milena Smit, Sánchez-Gijón, Israel Elejalde, Julieta Serrano, Rossy De Palma. Produzione: El Deseo. Distribuzione: Warner Bros. Italia. Origine: Spagna/Francia, 2021. Durata: 120’.