Sembrava non dovesse più arrivare nelle nostre sale l’ultimo film di Park Chan-wook. Invece esce a tre anni di distanza dalla presentazione al Festival di Cannes Mademoiselle, adattamento del romanzo Ladra di Sarah Waters pubblicato nel 2002. Il regista sudcoreano, noto in Italia per la fortunata trilogia della vendetta in cui spicca Old Boy (malamente rivisitato da Spike Lee nel 2013), sposta la narrazione dall’Inghilterra vittoriana agli anni 30 del secolo scorso nella Corea occupata dai giapponesi, tradendo volutamente la miniserie della BBC, a sua volta ispirata al romanzo della Waters, che nel 2005 vide protagoniste Sally Hawkins ed Elaine Cassidy.
La vicenda è quella di un raggiro: la ricca ereditiera Hideko, reclusa dal potente zio collezionista di libri erotici e costretta a leggere davanti a un pubblico maschile potenziale acquirente dei volumi rari, viene avvicinata da un truffatore che si finge conte e che vorrebbe sposarla liberandola dalla prigionia per poi confinarla in manicomio sottraendole le ricchezze. Allo scopo le mette a fianco la giovane ancella Sookee. Tra le due nasce però una relazione che va ben oltre l’amicizia.
Dopo Stoker, suo primo film in lingua inglese, Park torna a sviscerare i temi prediletti in un contesto più familiare, l’estremo oriente, forte di due attrici magnifiche: Kim Min-hee, nel ruolo dell’ereditiera, e la sconosciuta, magnifica, Kim Tae-ri in quello dell’ancella. Thriller strabordante di eros a un passo dal melodramma, il film ha un impianto visivo che ribadisce il piacere di Park per immagini curate al limite della patinatura, talvolta fino al compiacimento, che tuttavia enfatizzano la presenza di un male strisciante che sembra inghiottire ogni personaggio. Le figure maschili, lo zio aguzzino e il finto conte, avidamente soverchiano le donne per rispondere a pulsioni e avidità basiche, il primo schiavo di una pratica in odore di feticismo, la lettura di testi erotici per interposta nipote, il secondo divorato dalla bramosia e sicuro di un potere seduttivo che finirà per ritorcersi contro. Aspetti non nuovi nella filmografia di Park e che interconnettono tradimenti, vendette, punizioni (si pensi a Lady Vendetta). Nell’universo barocco del regista coreano la sopraffazione è punita con violenza, frugando nel fondo della coscienza e smarcandosi dai tabù. Il regista questa volta è meno efficace nello scandagliare le ambiguità dell’animo umano, troppo preoccupato forse di servire alla perfezione una narrazione trina e credibile.
Costruito su tre atti che assecondano diversi punti di vista su una stessa vicenda, Park definisce un complotto che pare mettere su piani contrapposti miserabili e aristocratici, per poi smontare e rimontare alleanze in sorprendenti ribaltamenti che ad un certo punto, rimescolando carte e giocatori, fanno saltare il tavolo. E allora non è più una questione di estrazione sociale e forse neanche di genere, ma di rispetto e lealtà. Rispetto e lealtà germogliano dall’amore e viceversa, sottraendosi alla mediocrità delle bassezze umane (le perversioni dello zio, la cupidigia del conte), che riducono ad oggetti di piacere, o veicoli verso il piacere, gli individui (femminili). Anche la conoscenza, il libro ridotto a feticcio, non è più salvifica e pertanto viene ricusata in un atto di distruzione memorabile, che sa di negazione (femminile) di un cultura ancestrale patriarcale, castrante, conservatrice.
Alessandro Leone
Mademoiselle
Regia: Park Chan-wook. Sceneggiatura: Park Chan-wook, Jeong Seo-kyeong. Fotografia: Chung Chung-hoon. Montaggio: Jae-Bum Kim, Kim Sang-Beom. Musiche: Yeong-Wook Jo. Interpreti: Kim Min-Hee, Kim Tae-ri, Ha Jung-woo, Jo Jin-woong, Moon So-ri. Origine: Corea del Sud, 2016. Durata: 139′.