Il dissennato sfruttamento delle risorse naturali ha portato il pianeta Krypton alla distruzione. Pochi istanti prima della catastrofe, mentre il generale Zod tenta un violento quanto tardivo colpo di stato, lo scienziato Jore-El riesce a far fuggire a bordo di una nave spaziale il proprio figlio appena nato. Il bambino, che reca dentro di sé il codice genetico delle future generazioni di Krypton, potrà così far sopravvivere la propria specie. Ma dovrà anche trovare un modo per farsi accettare e per vivere pacificamente tra gli abitanti del nuovo pianeta che il padre ha scelto per lui, la Terra.
Per gli amanti dei supereroi questi sono anni d’oro: Spiderman, Batman, Ironman, Thor, Hulk, gli X-men. La lista è parziale e potrebbe allungarsi di molto, tra prequel, sequel e film dove compaiono insieme supereroi diversi (proprio come sui comics). E’ soprattutto una questione di soldi, perché i film sui supereroi incassano molto. Ma non avrebbe senso non riconoscere che, fra i tanti, sono stati firmati anche degli ottimi film. Da questo punto di vista, Il cavaliere oscuro (2008) di Cristopher Nolan è probabilmente l’esempio migliore. Tra i molti pregi della trilogia di Nolan il più evidente è l’originalità dello sguardo, che ha saputo restituire un Batman a tinte fosche, forte di uno spessore drammatico forse inedito per il genere.
Per via della scelta di affidare la produzione allo stesso Nolan e la sceneggiatura a David S. Goyer (rispettivamente regista e soggettista de Il cavaliere oscuro), vien fatto di pensare che la Warner Bros avesse come modello proprio le ultime apparizioni cinematografiche di Batman. Sotto la regia di Zack Snyder, L’uomo d’acciaio prova infatti a colorarsi della stessa luce drammatica.
La differenza cruciale tra Superman e gli altri supereroi è stata spiegata in poco più di due minuti da Quentin Tarantino, in una brillante e divertente digressione detta per bocca del David Carradine di Kill Bill 2: https://www.youtube.com/watch?v=o4i72M3II7U.
Come dice Bill, mentre Batman o Spiderman sono gli alter ego dei cittadini Bruce Wayne o Peter Parker, Superman è Superman. E’ la sua versione terrestre, Clark Kent, a rappresentare la finzione. Superman fatica ad essere se stesso perché è la sua vera natura che egli non sa come far accettare al mondo.
Questa condizione costituisce il nodo drammatico de L’uomo d’acciaio. Un nodo che Snyder tenta di ampliare elevando la condizione di Superman ad emblema del problema dell’integrazione tra culture diverse, elemento ineludibile nella storia sociale statunitense. Ad esso Snyder prova ad accordare il proprio linguaggio, adottando una fotografia dai colori freddi ed una macchina da presa mobile, come se fosse portata a mano, e puntata addosso ai personaggi.
Questa coerenza nella forma, certo non originale ma comunque consapevole, viene mantenuta per tutta la prima parte del film (nella seconda parte, le lunghe scene di lotta impongono altri modi della rappresentazione; modi evidentemente fine a se stessi ma, bisogna ammettere, di sicura efficacia), ma non è accompagnata da un altrettanto riuscito lavoro sul personaggio.
Complice la goffa interpretazione di Henry Cavill, il Superman de L’uomo d’acciaio assomiglia un po’ troppo ad un ingenuo boyscout che fatica a dare un senso pratico agli insegnamenti del padre terrestre (Kevin Costern), impegnato nell’adempimento di un compito di cui non sembra aver capito fino in fondo le ragioni.
A complicare le cose, Snyder contrappone al proprio supereroe un nemico monocorde, senza apprezzabili sfaccettature, così ciecamente teso alla realizzazione del proprio intento da arrivare al fanatismo. Molto lontano, insomma, dal Joker di Heat Ledger. Nello scontro finale tra buoni e cattivi, in una Metropolis piena di grattacieli che crollano e che ricordano con fin troppa insistenza le immagini dell’unidici settembre 2001, si perdono le buone intenzioni della prima parte.
Il Superman che chiude il film non è allora troppo diverso da quello che ricordavamo. Ha abbattuto i nemici, ma non è riuscito a ridisegnare se stesso. Rimanendo confinato nel ruolo del ragazzone sorridente, incorruttibile e un po’ imbranato. Quel ruolo che, a conti fatti, continua ad essere il suo punto più debole. Kryptonite a parte.
Matteo Angaroni
L’uomo d’acciaio (Man of steel).
Regia: Zack Snyder. Sceneggiatura: David S. Goyer, Jonathan Nolan. Fotografia: Amir Mokri. Montaggio: David Brenner. Interpreti: Henry Cavill, Amy Adams, Russell Crowe, Kevin Costern, Diane Lane, Michael Shannon. Origine: Usa, Canada, Gran Bretagna, 2013. Durata: 143′