Diciamolo subito, è difficile dire qualcosa di un film che viene interrotto a metà, Loro 1 dura 1 ora e 40 minuti mentre le due parti dovrebbero arrivare insieme complessivamente sulle 4 ore. Da oggi in sala uscirà solo la prima parte e perciò su questa ci baseremo senza nessuna indicazione su quel che sarà il film completo. C’è da aggiungere che Loro 1 è già un film spezzato con la prima ora che vede al centro Scamarcio/Tarantini con tutta la sua corte di mignotte e cocaina, quasi un prodromo del Bunga Bunga in salsa pugliese-romana, mentre negli ultimi quaranta minuti appare il pacione Servillo/Berlusconi tra agnelli, cagnolini e bandane, spaparanzato nella sua villa in Sardegna.
Paolo Sorrentino chiarisce già con la frase che introduce il film che quel che vedremo si muove tra realtà e finzione: “Tutto documentato, tutto arbitrario”, è una frase di Giorgio Manganelli usata per Pinocchio. Nella prima parte siamo a Taranto, una decina di anni fa, dove si muove uno Scamarcio assetato di sesso, che dopo una scopata in barca è folgorato sulla via di Damasco (o di Palazzo Grazioli): ha visto il tatuaggio di Berlusconi sul culo della ragazza con cui ha passato intensi cinque minuti. Dopo questa “visione” decide che deve andare a Roma e costruire la sua corte di fanciulle in fiore, alimentata con la coca come fosse acqua minerale. La sua compagna è la Patrizia D’Addario, la “più puttana di tutte”, così si definisce, la ricordiamo come la protagonista indiscussa delle cene eleganti che tanto inguaiarono il Cavaliere. La interpreta una notevolissima Euridice Axen, grande sorpresa del film. La sua preda più importante è un irriconoscibile Fabrizio Bentivoglio, un personaggio fittizio, un ex ministro un po’ Bondi e un po’ Urbani, uno che scrive poesie come il primo ma è attratto dalla figa come il secondo. Poi c’è la Kira di Kasia Smutniak, molto a suo agio nel pippare coca, è Sabina Began, la vera “ape regina” che creò il famoso harem, è una fanciulla che la fa annusare a tutti perché la tiene calda solo per Lui. È sua una delle battute più interessanti della prima parte del film: “è dura la vita se non sai fare un cazzo!”. La dice sul terrazzo di casa, in mutande, a un Tarantini attizzato come non mai. Ricordiamo che Tarantini, detto Giampi, divenne poi un habitué delle cene berlusconiane, dove portava le sue ragazze “generose”. Imprenditore della sanità, fu poi arrestato più volte dal 2009 per spaccio di droga e estorsione ai danni dell’ex premier…
In questa prima parte siamo dalle parti di molti film “coca & mignotte”, come Spring Breakers e The Wolf of Wall Street, ma senza un’idea di sguardo come avevano Korine e Scorsese. Lo sguardo di Sorrentino è volgare e superficiale allo stesso tempo: mentre l’onnipresente musica scorre, lui si sofferma su questi corpi in calore con generosità, non elabora niente oltre al gesto (la scopata, il ballo, la pippata), si guardano queste figure passare e ripassare alla ricerca di un qualcosa di effimero. Forse è da ricordare il bel documentario Videocracy di Erik Gandini che raccontava Lele Mora e Fabrizio Corona e andava a scavare dentro questi oscuri e putridi personaggi. Sorrentino invece alterna senza soluzione di continuità party vari, sfilate, droga a fiumi. Appaiono fanciulle dalla bellezza sconvolgente (Alice Pagani su tutte) che vengono usate per far godere “Dio”, un personaggio fittizio che può essere un massone o chissà chi altro. Scorrono in brevissimi siparietti Stefano Ricucci, Lele Mora ovviamente, e anche la famigerata segretaria di Berlusconi che viene relegata a una scena con un tiramisù. “Bisognerebbe fermare il tempo per farci rimanere sempre così”, è un’altra frase che viene ripetuta più volte, la bellezza dell’effimero, il godereccio tranquillo de La Grande Bellezza ritorna, tette e culi perfetti per rimanere sempre giovani, agiati senza fare nulla. Il Potere però non c’è mai, lo si annusa e basta.
Il cambio di rotta arriva proprio con la puzza del Potere. Tutto succede quando la corte di fanciulle sta camminando sui Fori Imperiali e un camion della spazzatura esce di strada improvvisamente. Si ribalta andando proprio nei Fori con la spazzatura che esplode dal camion e va in cielo (Sorrentino ha visto Zabriskie Point) mentre le fanciulle, tutte agghindate a festa, la guardano estasiate. La scena è tutta al un ralenty, terribile, ma è significativa perché dalla spazzatura passiamo con una dissolvenza incrociata (oh qualcuno ha scritto che ricorda l’osso/astronave di Kubrick?) al lancio di pasticche che vengono buttate in cielo durante una festa in piscina. Qui Sorrentino cambia il registro, siamo in Sardegna con Scamarcio/Tarantini che ha affittato una casa di fronte a Villa Certosa, vuole farsi vedere e ovviamente attirare Berlusconi con una merce di suo gradimento. Cambia anche la droga, non più la coca ma MDMA, l’ecstasy da sballo, i cui effetti vengono spiegati da un divertente e surreale medico a bordo piscina. Il tono si fa tutto più divertente e dopo più di un’ora appare Berlusconi, vestito da odalisca (sic!) che cerca di far ridere una Veronica Lario/Elena Sofia Ricci sempre annoiata. Toni Servillo rende il Silvio Nazionale un simpaticone, a parte un accento simil milanese da far accapponare la pelle, ritrae un Berlusca ciarliero, con la bandana e il cerone e ci fa ridere con una serie di battute. Ad esempio al calciatore nero che vuole portare al Milan (una specie di Pogba): “Non importa se sei gay, anch’io lo sono per il 25 per cento: solo che è la mia percentuale lesbica”.
Tutta questa seconda parte ci mostra un Berlusconi guascone che prova a riavere l’attenzione della moglie Veronica che ha già scoperto le sue “marachelle”, è incazzata ma passa il tempo tra letto, sdraio e piscina. Si annoia quasi come la Mondaini di Casa Vianello, legge Saramago e reclama un programma culturale su Canale 5 come quelli di Rai3. Non c’è molto grottesco nel film, Berlusconi nella sua essenza è già farsesco e grottesco di suo con il sorriso, le falsità, le canzoni in napoletano di Apicella. Niente di nuovo, sono 30 anni che B ci perseguita, sappiamo tutto e il contrario di tutto su di Lui. Sorrentino non aggiunge nulla alle cronache. Appare anche Noemi Letizia con il padre che le dice di divertirsi con Silvio, Lui la accompagna a una sfilata, lei lo chiama “Papi”. Fine, niente di più, i personaggi appaiono così, e poi spariscono.
C’è una grossa differenza con Il Divo, là Sorrentino faceva sul serio, si addentrava nelle stanze del potere andreottiano, toccava anche i temi della giustizia con forza, qui il tono invece è spassoso. Siamo lontanissimi da mettere in discussione o cercare un racconto profondo del Male. Anzi, Sorrentino in questa prima parte ne sembra irrazionalmente attratto. C’è un’altra scena esemplare nel prato di casa, B pesta una merda mentre è con il nipotino che gli dice di stare attento: “io non ho mai pestato la merda” gli risponde il vecchio nonno, che poi continua citando Newton: “non è una merda, è il terreno che quando viene lavorato fa riemergere la terra”, il ragazzino sembra crederci e allora il Berlusca simpaticone gli fa capire che potrebbe avergli detto una balla, ma “dipende dal modo in cui si dice la bugia, più è detta bene e più assomiglia alla verità”. Come diceva il Newton inventato, tutto è bonario e piacevole, molto consolatorio. Lo stesso Sorrentino nelle note per la stampa scrive che era interessato all’uomo Berlusconi, che “è il risultato dei suoi sentimenti più che la somma biografica dei fatti”. Non c’è politica in questa prima parte, non c’è il potere, non ci sono i reati. Sorrentino lo ritrae come un vecchio nonno un po’ matto, si ricordano i fatti come birichinate anche se in realtà era merda davvero.
Sorrentino ha perso pure i carrelli in questa prima parte di film, ci aspettavamo con ansia le sue carrellate nel vuoto, e senza l’avvolgente forma il suo sguardo appare ancora più vacuo, senza profondità alcuna. Ne esce un film sulla superficie del mondo berlusconiano. È vero che questo mondo è superficiale di suo, ma il regista napoletano non prova neanche ad esplorarlo. Anche il solito surreale entra senza motivazioni e fuori luogo: pecorelle che muoiono guardando un quiz tv, un barboncino che corre nei prati della Sardegna, un rinoceronte impazzito che vaga per le strade di Roma, un sorcio che ovviamente simboleggia il marcio. Questo Loro 1 sembra pertanto un divertente videoclippone, quasi un lunghissimo trailer. Attendiamo la seconda parte sperando che Sorrentino riesca a far collidere questi due universi. Per ora è quasi un coito interrotto.
Claudio Casazza
Loro 1
Regia: Paolo Sorrentino. Sceneggiatura: Paolo Sorrentino, Umberto Contarello. Fotografia: Luca Bigazzi. Montaggio: Cristiano Travaglioli. Musiche: Lele Marchitelli. Interpreti: Toni Servillo, Elena Sofia Ricci, Riccardo Scamarcio, Kasia Smutniak, Euridice Axen, Fabrizio Bentivoglio, Roberto De Francesco, Dario Cantarelli, Anna Bonaiuto, Giovanni Esposito, Ugo Pagliai, Ricky Memphis, Alice Pagani, Elena Cotta, Iaia Forte, Max Tortora, Milvia Marigliano, Michela Cescon, Roberto Herlitzka. Origine: Italia, 2018. Durata: 104′.