Il Concorso Cineasti del presente del Festival Internazionale del Film di Locarno propone opere prime e seconde di giovani registi emergenti provenienti da tutto il mondo. Una quindicina di film, documentari o fiction in prima mondiale e internazionale che si contendono l’ambito Pardo d’oro Cineasti del presente, assegnato da una giuria che quest’anno è presieduta da Dario Argento. Tra i registi in concorso Michele Pennetta, nato a Varese nel 1984, master in regia cinematografica presso l’École cantonale d’art de Lausanne (ÉCAL), vincitore del Pardino d’oro per la sezione cortometraggi – concorso nazionale nel 2013 con il cortometraggio ’A iucata.
A Locarno presenta il suo primo lungometraggio Pescatori di corpi, documentario che racconta due vicende apparentemente svincolate: le giornate e le nottate dell’Alba Angela peschereccio illegale in azione nel Canale di Sicilia e la quotidianità di Ahmed, immigrato clandestino che da anni sopravvive su una barca abbandonata nel porto di Catania, sospeso tra piccoli rituali e la silenziosa osservazione della vita del porto da cui passano merci che liberamente circolano in tutta l’Europa.
Film essenziale e spigoloso, Pescatori di corpi descrive senza sconti la durezza di un mare che mette ancora paura e che è soprattutto minaccia e insicurezza. Non a caso siamo nella terra del Verga e i pescatori sono ancora lì un secolo e mezzo dopo a soffrire, lamentarsi e annoiarsi. In lontananza, dalle voci gracchianti via radio della polizia, ci arriva l’eco drammatico dell’ennesimo sbarco di clandestini. Uno stacco netto e ritorniamo alla sospensione infinita di Ahmed, spezzata dalla visita di un amico o da una telefonata. Il film spiega poco ma lascia entrare con efficace lentezza in queste due vicende che si sfiorano nel porto di Catania e che hanno come comune denominatore una clandestinità che la città, grigia sullo sfondo, ignora o finge di ignorare. Abbiamo incontrato per Cinequanon il regista Michele Pennetta.
Cinequanon: La geografia del tuo cinema è ben definita. Pescatori di corpi descrive storie che si svolgono nel porto di Catania, mentre ’A iucata si muoveva nei quartieri popolari della città. Anche il prossimo tuo film si svilupperà in Sicilia. Quali sono i tuoi legami con quella terra?
MP: In tanti mi chiedono se sono siciliano ma in realtà non ero mai stato in Sicilia prima de ’A iucata. Ho sentito parlare delle corse clandestine e mi sono interessato alla cosa sostenuto dalla produzione. Sono andato a Catania e ho iniziato a frequentare i quartieri popolari con un approccio semplice, cercando il mio punto di vista sul luogo e le sue storie. A Catania ho poi conosciuto i personaggi protagonisti del mio primo lungometraggio Pescatori di corpi.
C: Il cinema recente ha presentato con diverse opere di successo il tema dei migranti (per esempio il recente Fuocoammare di Rosi). Anche qui è presente anche se l’approccio non è per niente diretto pur risultando comunque evocativo e particolarmente efficace.
MP: Pescatori di corpi non parla direttamente di immigrazione, diciamo che la cornice ideale per sviluppare il tema centrale di questo e del precedente lavoro: l’indifferenza. In tanti sono consapevoli che queste situazioni esistono ma in realtà nessuno dice nulla. Un paradosso che è anche un po’ quello dell’Italia e dell’Europa: è chiaro a tutti quello che sta accadendo con i migranti ma a dominare è una sostanziale indifferenza.
C: Le tue sono storie di clandestinità, personaggi notturni e potenzialmente invisibili.
MP: La clandestinità mi affascina particolarmente, si tratta di spaccati efficaci per raccontare il nostro presente. Pescatori di corpi e ’A iucata fanno parte di una “trilogia della clandestinità” che si chiuderà sempre in Sicilia con L’oro del diavolo, un lavoro a metà strada tra documentario e fiction che tratterà dello stoccaggio dei rifiuti tossici nelle miniere di zolfo dismesse in provincia di Caltanissetta e Enna.
da Locarno, Massimo Lazzaroni
Pescatori di corpi (Fishing Bodies) è una produzione Svizzera del 2016 (Close Up Films). Le immagini sono a cura di Gabriel Lobos, il suono di Masaki Hatsui e il montaggio di Orsola Valenti.
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