È difficile capire come funzionino i festival. Hanno logiche tutte loro, commerciali, estetiche, produttive. E poi, diciamocelo chiaramente, va molto a gusto. Alle volte un premio è frutto di laboriosi compromessi tra giurati, così come le selezioni, che sfruttano accordi tra distributori, conoscenze personali, onori già maturati in passato da parte di registi a cui non puoi certo chiudere la porta in faccia. Alle altre, invece, si spara nel mucchio e si premia che quel c’è. Quest’anno il Pardo d’oro è andato a Right Now, Wrong Then di Hong Sangsoo, un tizio che due anni fa vinse il Pardo alla miglior regia per il brutto U ri Sunhi… Accettiamo la cosa e passiamo oltre. Il Premio speciale della giuria va invece all’israeliano Tikkun di Avishai Sivan. E questo va bene. Il Pardo per la miglior regia al “ferro vecchio” Cosmos, di un redivivo Andrzej Zulawski… E facciamoci andare bene pure questo. Ma attenzione che adesso viene il bello. Sì, perché il Pardo per la miglior interpretazione maschile è stato attribuito ancora a Righ Now, Wrong Then del coreano. Ma come, due premi importanti allo stesso film? Non è finita: il Pardo per la miglior interpretazione femminile è andato invece al giapponese di cinque ore e venti, Happy Hour, che si è preso pure una menzione speciale per la sceneggiatura. Stessa cosa per Tikkun, menzione per la splendida fotografia in bianco e nero. E l’ottimo film dello Sri Lanka, White in the Dark Light, una delle cose più interessanti di questa edizione? Niente. E il serbo Brat Dejan, che molti davano per favorito? Nisba… Adesso, al di là della sindacabilità delle premiazioni, al di là dei compromessi e delle discussioni tra giurati, è francamente imbarazzante che un singolo film abbia diritto a più riconoscimenti importanti. L’anno scorso i premi furono attribuiti a pellicole diverse, e così fu, almeno in buona parte, anche per l’anno prima ancora. Passiamo alla sezione Cineasti del presente: il Pardo d’oro è andato a quel pippozzo indiana di Thithi di Raam Reddy, il Premio speciale della giuria a Dead Slow Ahead di Mauro Herce (Spagna/Francia), il Premio per il miglior regista emergente a Kaili Blues di BI Gan, Cina. La morale di tutto questo è che la qualità di un film non è necessariamente proporzionale alla quantità di premi incassati.
Da Locarno, Marco Marchetti
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