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Lo Stato contro Fritz Bauer

lo stato 1Era ancora il 1963 quando Hannah Arendt dette alle stampe la sua nota cronaca giudiziaria, La banalità del male, ovvero Eichmann in Jerusalem: A Report on the Banality of Evil. In quel saggio, come ogni studioso del Novecento ricorda, la contraddittoria personalità di Adolf Eichmann, il burocrate del Reich, quello che mandava a morte gli ebrei con la stessa diligenza di un ragioniere delle imposte, veniva analizzata, sminuzzata e sviscerata in ogni singolo dettaglio: da una parte ciò che la Storia ci ha raccontato, le atrocità di Theresienstatd, le deportazioni in Oriente, i massacri e gli orrori che ormai a scuola, come al cinema, sono diventati poco più che macchiette, luoghi comuni addensati attorno ad Auschwitz e a Roberto Benigni; dall’altra la difesa di Eichmann, quella di un uomo che “ubbidiva agli ordini”, un burocrate grigiastro e senza forma, che assassinava le persone senza (quasi) mai alzare un dito, soltanto con un cenno, una firma, una sigla appuntata in calce di documento. Ciò che invece la Arendt non dice, perché allora non poteva saperlo, è qualcosa sulla personalità di Fritz Bauer, che nell’ombra di una Germania appena uscita dalla guerra, divisa tra l’esigenza di dimenticare il passato, di ricostruirsi una specie di innocenza storica e ottenebrante, e quello invece di assicurare i criminali alla giustizia, scavava e lavorava per mettere le mani sui pesci grossi. Anzi, sul pesce grosso, niente meno che Eichmann, allora latitante con famiglia in Argentina. Chi era Fritz Bauer? Un nome oscuro del secondo novecento, confinato alle note a pie’ di pagina, vergognosamente dimenticato, almeno fino agli ultimi mesi, quando sono sbucati d’improvviso ben altri due film su di lui: quello di Giulio Ricciarelli, Il labirinto del silenzio (2014), e quello di Paul Andrew Williams: The Eichmann Show (2015). Film sul boia, d’accordo, ma che in qualche modo hanno sempre accennato al procuratore Bauer (qui Burghart Klaussner, il pastore de Il nastro bianco).

Die Heimatlosen / Fritz Bauer (AT)

Costui, doppiamente perseguitato perché ebreo e omosessuale, deve stanare Eichmann. Sa dove si trova, sa sotto quale identità si nasconde, ma non può riportarlo in patria, perché la Germania del periodo, cioè quella degli anni cinquanta, è ancora troppo occupata dal processo di denazificazione per gettare benzina sul fuoco e sconvolgere l’opinione pubblica con le mostruosità del recente passato. Il popolo tedesco cerca di riconciliarsi, di fare la pace con se stesso, di superare il passato allora come oggi. Vergangenheitsbewaeltigung, la chiamano. Bauer non ci sta e, come lui, il giovane rampante assistente Karl Angermann (Ronald Zehrfeld), che tenterà come può di dargli una mano.
Lars Kraume
, regista di alto livello, non scrive, non dirige, non pensa nemmeno il suo film come una pedissequa ricostruzione storica degli eventi che portarono alla cattura del boia, e neppure come un’opera sui silenzi, le omertà, i tentativi di insabbiamento contro cui lo stesso Bauer dovette confrontarsi. Kraume immerge la sua macchina da presa nei sentimenti, nelle emozioni, nelle cedevolezze dell’umana virtù che forse non si ascrivono a un personaggio cinematografico, un eroe del grande schermo, ma che comunque contribuiscono a rendere l’uomo, appunto, un essere umano. La vicenda di Bauer diviene allora un’odissea di un omosessuale, schedato, controllato, ricattato non dal regime hitleriano (per quello bastava la sua ebraicità), ma da quello presumibilmente democratico, dove ci si accontentava di un semplice, innocente pompino tra maschi per comminare svariati anni di carcere a chi ne beneficiava.

In Der Staat gegen Fritz Bauer c’è spazio per ogni sottotrama, dal Mossad che alla Storia è passato come l’ideatore del sequestro Eichmann ma che invece raccoglieva le dritte direttamente da Bauer, alle persecuzioni, alla diversità, alla rimozione delle colpe di un’intera nazione e agli informatori degni di una spy story. A Locarno, dove il film è stato presentato in anteprima, molti nasi fini si sono ritorti all’insù, verso il gigantesco schermo di Piazza Grande: una pellicola televisiva, hanno detto. E allora come si spiega il grande pene, anzi, il grande cazzo che un bellissimo travestito, femminile sin nella voce, a un certo punto sbandiera ingigantito sopra le teste degli spettatori?

Marco Marchetti

Lo stato contro Fritz Bauer

Regia: Lars Kraume. Sceneggiatura: Lars Kraume, Olivier Guez. Fotografia: Jens Harant. Montaggio: Barbara Gies. Musica: Christoph M. Kaiser, Julian Maas. Interpreti: Burghart Klaussner, Ronald Zehrfeld. Origine: Germania, 2015 Durata: 105′.

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