Due erano i film da Leone d’oro alla 73° Mostra del cinema di Venezia. Escluso da regolamento l’ex equo, uno di questi l’ha vinto e l’altro si è portato a casa un piccolo premio. Il premio maggiore ha preso la strada delle Filippine, nelle mani del grande Lav Diaz per le quattro ore di The Woman Who Left. Il cineasta asiatico, finalmente sdoganato nelle competizioni principali dei grandi festival dopo il Pardo d’oro a Locarno 2014 con From What Is Before, ha portato il suo ennesimo lavoro magnifico, dove umanità e arte toccano vertici altissimi: la storia di una donna dalle vicende tormentate sullo sfondo di un Paese impaurito. Un premio meritato che forse farà conoscere l’opera di Diaz togliendogli l’etichetta del cineasta che fa pellicole lunghissime.
Lo sconfitto, purtroppo per l’ennesima volta, è il cileno Pablo Larrain che ha portato il film più completo e compatto, Jackie, un ritratto di Jackie Kennedy nei giorni successivi all’uccisione del marito John Fitzgerald. Un film hollywoodiano e antihollywoodiano insieme, molto stratificato, con tutte le ambiguità che l’autore di El Club, No, Post mortem e Tony Manero sa rendere, con il valore aggiunto di una Natalie Portman superlativa. Jackie ha ottenuto il premio per la migliore sceneggiatura di Noah Oppenheim: meglio di nulla ma non rende abbastanza merito.
Per il resto la giuria presieduta dal regista Sam Mendes ha messo insieme in bel palmarès, salvo un paio di inciampi e altrettante dimenticanze. Fuori dai premi i film italiani: è la prima volta in questo secolo che gli italiani non prendono neppure un contentino, la scelta è severa ma giustissima. I tre tricolori in gara, Spira mirabilis, Piuma e Questi giorni, non erano all’altezza, salvo il primo.
Leone d’argento Gran premio della giuria a Nocturnal Animals, secondo film di Tom Ford, che portò al Lido anche il suo esordio, A Single Man che fruttò la Coppa Volpi a Colin Firth. Ford si conferma regista interessante, con una storia a due livelli, una algida, cittadina e borghese e l’altra sporca, notturna, desertica e violenta. Discutibile l’abbinata per il Leone d’argento per la miglior regia al russo Andrei Konchalovsky per Paradise – Rai e al messicano Amat Escalante, che con Region salvaje ha portato uno dei film più inutilmente irritanti del concorso. Del resto il cineasta non è nuovo a far cadere nel tranello di una provocazione fine a se stessa le giurie: aveva già preso un premio a Cannes per il precedente Heli.
Meritata la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile a Emma Stone per La La Land di Damien Chazelle, il musical che ha riscosso molti consensi, anche più dei suoi meriti. La Coppa Volpi maschile è stata assegnata al bravo argentino Oscar Martinez per El ciudadano ilustre di Mariano Cohn e Gaston Duprat, commedia nera molto riuscita.
L’altro riconoscimento su cui ci sarebbe molto da ridire è il Premio speciale della giuria a The Bad Batch di Lily Ana Amirpour, che ha deluso le speranze legate al suo curioso esordio A Girl Walks Home Alone at Night. Stavolta ha miscelato fantascienza, horror e western in un’opera che non ha nulla di originale, che sembra un Mad Max non riuscito e in ritardo. Azzeccato invece il Premio Mastroianni all’attore emergente, andato a Paula Beer ottima protagonista di Frantz di Francois Ozon, uno dei film più belli della competizione. Purtroppo fuori dai premi anche l’altro transalpino, Une vie di Stéphane Brizé, sorprendente trasposizione del romanzo di Guy de Maupassant.
Unico premio italiano la vittoria di Federica Di Giacomo nella sezione Orizzonti con il documentario Liberami sul prete esorcista palermitano padre Cataldo. Nella stessa sezione premiati altri film molto interessanti: il cinese Bitter Money di Wang Bing, il belga Home di Fien Troch e il turco Koca dunya – Big Big World.
La giuria del Leone del futuro per l’opera prima ha scelto il tunisino The Last of Us di Ala Eddine Slim, presentato alla Settimana della critica, un’opera rarefatta, quasi muta e molto simbolica.
Infine, in una bella selezione di cortometraggi, la giuria ha assegnato la vittoria a La voz perdida del paraguayano Marcelo Martinessi.
da Venezia, Nicola Falcinella