Ti aspetti un film per bambini quando entri in sala per vedere Lego Batman. Montando un preconcetto come monteresti una costruzione Lego seguendo le indicazioni, passaggio dopo passaggio, ti rendi conto subito che forse sarebbe meglio smontare e ricostruire secondo logiche critiche acquisite, che possano però lasciare spazio allo stupore fanciullesco di fronte al mattoncino – così squadrato e preciso, apparentemente neutro – che si “incarna”, prende vita, guarda dritto lo spettatore fino all’empatia. Il film di Chris McKay, sceneggiato da Seth Grahame-Smith, potrebbe anche essere considerato uno stretto parente dei Batman Burtoniani e, perché no, di quelli di Nolan, abbastanza avventuroso, abbastanza sfrontato con un pizzico di arroganza, abbastanza irrisolto nel rapporto con il suo tragico passato, abbastanza doppio. Non te l’aspetti proprio che l’ennesima puntata cinematografica dell’uomo pipistrello possa essere un racconto degno di una graphic novel sofisticata e non una becera parodia. Ma se gli albi patinati hanno un pubblico più maturo, il miracolo di Lego Batman sta nel coniugare registri linguistici e figurativi adatti anche ai bambini, sulla tradizione dei migliori film d’animazione dell’ultimo ventennio.
La storia non è originalissima: Batman deve fronteggiare l’ennesimo attacco di Joker, suo acerrimo nemico, che in preda alla classica megalomania minaccia Gotham. Confinato nella Zona Fantasma, dimensione in cui Superman ha rinchiuso le più pericolose minacce per la Terra, Joker riesce a liberarsi portando con sé supercriminali e creature mostruose (da Godzilla a Sauron!). A questo punto Batman si trova costretto ad accettare suo malgrado l’aiuto di Barbara Gordon (figlia di Jim, capo della polizia in pensione), del maggiordomo Alfred e del figlio forzatamente adottato Dick Grayson (che vestirà i panni di Robin).
Il film viaggia spedito su funamboliche sequenze di azione e momenti comici – e c’era da aspettarselo -, insaporiti da rimandi all’epica DC e omaggi alla Warner – e c’era da aspettarsi anche questo, perché l’operazione commerciale è spudorata. Ciò che sorprende è invece il doppio motore interno che fa girare il personaggio di Batman/Bruce Wayne: da una parte l’insopportabile consapevolezza di vivere in solitudine, di aver rinunciato alle relazioni umane come risposta a una perdita dolorosa (i genitori quando ancora era bambino); dall’altra il bisogno di riconoscimento sociale attraverso la maschera eroica del vigilante, che per continuare ad esistere non può però fare a meno di supernemici (ed è un motivo di speculazione intorno ai supereroi da diverso tempo, vi dice niente Watchman?). Gli autori mettono di fronte allo specchio Bruce, il miliardario solo, raramente senza la maschera proprio come un bambino che nasconde la propria fragilità, rimproverato dal “padre adottivo” Alfred, che lo invita a diventare uomo fuori dal gioco del superumano, lasciando spazio alle emozioni (una donna? una famiglia che lo emancipi dal ruolo di figlio orfano?). In aggiunta Joker viene spinto oltre la follia che lo fece ospite del manicomio criminale Arkham Asylum, ridefinendone le motivazioni che lo hanno reso primo tra gli antagonisti di Batman: alla stregua di un bambino bullo, Joker vuole essere riconosciuto come primo tra i suoi nemici, uno di quei villain speciali, di cui l’eroe non può fare a meno per trovare la misura del proprio eroismo. Joker fa il matto non solo perché ha manie di onnipotenza, ma soprattutto perché ha bisogno di avere un ruolo privilegiato nella vita di Batman. Inutile sottolineare le componenti omoerotiche sottese, ma il rifiuto dell’eroe equivale al rifiuto di un amante che gioca a farsi desiderare.
Certamente sono chiavi di lettura che sfuggono ai bambini, avvinti dall’eterno confronto tra bene e male, ma non sfugge nemmeno ai più piccoli il senso del percorso formativo di Batman, costretto a lavorare in squadra e a godere dell’efficienza del suo team che si fa famiglia e che, per questo, sconfigge il male incarnato nei mostri e ricostruisce, mattoncino su mattoncino, la LegoGotham.
Tutto questo mentre Superman, in compagnia del pantheon supereroistico DC, da Flash a Wonder Woman, si trastulla con festini a base di musica e psichedelia, forte delle certezze di un corpo d’acciaio e principi solidi. Per adesso dallo psichiatra Lego e Warner ci hanno portato il personaggio più ambiguo del fumetto statunitense. E il risultato è puro godimento.
Alessandro Leone
Lego Batman
Regia: Chris McKay. Sceneggiatura: Seth Grahame-Smith. Montaggio: David Burrows. Origine: Usa, 2017. Durata: 90′.